Epilogo

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Una leggera brezza soffiava tra gli alberi esterni alle mura della Città Imperiale. Il cielo era limpido, azzurro, neanche una nuvola osava interrompere quella distesa immensa di colore. Erano passati vent'anni dalla Guerra dell'Oblivion, la battaglia che aveva caratterizzato la fine della Terza Era, per dare spazio all'inizio della Quarta. Esattamente vent'anni prima l'ultimo imperatore, Martin Septim, aveva sacrificato il suo corpo ad Akatosh, permettendo al dio di salvare l'intera Tamriel. I presenti quel giorno avevano assistito increduli alla sua ascesa al cielo, dove si era tramutato in un mastodontico drago bianco, la versione in carne ed ossa con cui Akatosh si palesava ai mortali. Mehrunes Dagon non aveva potuto fare nulla contro le fiamme del drago. Era stato polverizzato, ridotto in cenere, eliminato per sempre dal mondo mortale e da quello daedrico.
Dopo la morte del Principe, Akatosh aveva abbandonato il corpo del drago, accompagnato dall'anima di Martin in cielo. Quello che restava di quella maestosa creatura spiccava tra le mura del Tempio del Prescelto, dove il corpo morente della creatura volante era crollata. Ogni anno, da quel giorno, il consiglio degli anziani indusse una celebrazione a Martin Septim. Gli abitanti si riunivano attorno ai resti del drago, ricordando il sacrificio dell'ultimo imperatore e ringraziandolo per aver dato la vita a favore della loro. 

Kristal non mancò mai una celebrazione. Ricordava il primo anniversario della morte di Martin, quando si presentò con la figlia in braccio. Brayl Martina. In onore di sua madre e dell'uomo che amava, entrambi volati in cielo troppo giovani. Il primo anno, dopo la fine della Guerra dell'Oblivion, si era presentata per prima alla celebrazione. Si era fatta accompagnare da Jauffre, con cui aveva vissuto nel Tempio del Signore delle Nubi durante l'ultimo anno, e aveva deciso di parlare in prima persona ai cittadini, per trasmettere ciò che aveva fatto Martin, per ricordare il suo valore e il suo coraggio. Non aveva svelato l'identità della figlia, aveva intenzione di tenerla nascosta per il resto della sua vita. In un disperato tentativo di proteggerla da un pericolo che sentiva ancora presente alle sue spalle. Sicuramente la Mitica Alba esisteva ancora e non avrebbe esitato un istante se avesse avuto la possibilità di vendicarsi di lei. Da quando Brayl era nata non l'aveva mai persa d'occhio. La stringeva durante la notte, mentre dormiva. La portava con sé mentre si lavava nelle terme del tempio, mangiava con lei, giocava con lei, viveva con lei. Solo Jauffre poteva prenderla in braccio, ma l'elfa restava comunque al suo fianco, a controllare la situazione. Viveva nel costante terrore di perderla, si svegliava continuamente di notte, con la sensazione di essere sorvegliata. Faceva sempre incubi. Era dimagrita, lo stress la stava dilaniando, non si fidava di nessuno.
Poi il primo anniversario era arrivato e aveva chiesto a Jauffre di accompagnarla alla commemorazione. Il frate fu molto stupito dalla sua richiesta, ma accettò all'istante. Aveva provato in tutti i modi a calmarla, a farle capire che il suo terrore era irrazionale e che non avrebbe potuto continuare a vivere in quel modo. Forse ritornare nel luogo in cui aveva perso Martin avrebbe potuto aiutarla a ritornare alla realtà, a ricordarle che era necessario lottasse. Fu così. Quel giorno diede un discorso carico di amore e speranza, che tutti ascoltarono a cuore leggero. Ispirò canzoni e poesie, ispirò forza e coraggio in tutti coloro che la ascoltavano. Ma soprattutto, ispirò se stessa a reagire. 
Già dal giorno seguente ricominciò ad allenarsi, lasciando Brayl nelle cure di Jauffre sempre più spesso. In pochi mesi ritornò in forma, gli spadaccini finalmente riuscivano a riconoscere la guerriera astuta e letale che avevano conosciuto. L'eroina di Kvatch, l'eroina di Tamriel, l'elfa che insieme a Martin li aveva salvati. 

Al terzo anniversario dal sacrificio di Martin non diede nessun discorso, restò invece in disparte ad ascoltare, Brayl sotto mano. Aveva già condiviso abbastanza sull'imperatore. Il resto voleva conservarlo nel suo cuore e nella sua memoria e renderne partecipe soltanto sua figlia. Quel giorno ricevette una sorpresa, due persone le si affiancarono durante la cerimonia. Kristal non credette ai suoi occhi. Non vedeva Dosiov e Barus da tre anni. Pochi giorni dopo fine della Guerra dell'Oblivion erano partiti, senza spiegare bene dove sarebbero andati e cosa avrebbero fatto. L'unica promessa era che sarebbero tornati per poi non separarsi mai più da lei. L'elfa era convinta che si sarebbero massacrati durante il viaggio, non capiva davvero come avrebbero fatto a sopportarsi per così tanto tempo. Eppure incredibilmente erano riusciti ad affrontare i loro conflitti, uscendone ancora più uniti di un tempo, quando erano ancora bambini e giocavano a fare la lotta con delle spade di legno. Kristal guardò negli occhi colui che era stato suo marito un tempo, colui che aveva amato e odiato profondamente, e capì cosa avevano fatto negli ultimi tre anni. Le iridi erano tornate quelle di un tempo. "Hai trovato la cura al vampirismo." Affermò, poi sorrise. I tre elfi si abbracciarono, poi l'elfa gli fece conoscere Brayl. Barus guardò la nipote con forte affetto, mentre non una goccia di gelosia si fece strada nel cuore di Dosiov, che con un solo sguardo si era già innamorato della bimba. 

Kristal a quel punto si traferì insieme a Barus nella Città Imperiale, in una grande casa nel quartiere del mercato, un gentile dono del cancelliere Ocato che era contento di poter finalmente ricompensare adeguatamente l'eroina dei loro tempi. Qui il fratello conobbe la sua futura moglie che si traferì velocemente con loro e gli regalò due figli. Dosiov nel frattempo era diventato il capo della guardia della Città Imperiale e passava spesso a trovarli, anche lui ormai figura fondamentale della famiglia. Kristal non lottava più per lavoro, si allenava spesso, ma a mero scopo personale. Al piano terra della loro casa aveva costruito insieme a Barus un negozio di armi e armature, che ora gestiva insieme a lui. Erano tranquilli, avevano bisogno di quiete dopo tutto quello che avevano vissuto e quella vita era tutto ciò che desideravano, li rendeva felici. 

L'elfa recuperò il resto della memoria in quegli anni. Lo chiese quasi con timore a Dosiov, con il bisogno di mettere in chiaro tutto ciò che era stato, ma allo stesso tempo con la paura di quello che aveva vissuto. Lui la accontentò, assecondando anche il desiderio di non sfiorare le sue labbra, che ancora portavano il ricordo del tocco di quelle di Martin. Negli ultimi ricordi vide la loro fuga da Morrowind, le imboscate alle carovane mercantili per sopravvivere, il forte rancore nei confronti di Dosiov. Il dolore e la rabbia l'avevano quasi uccisa, tanto che aveva pregato febbricante a Barus di eliminare tutta la sofferenza dalla sua anima, minacciando di togliersi la vita altrimenti. Era stato il fratello a trovare il mago che aveva compiuto il sortilegio, che le aveva permesso di sopravvivere eliminando tutto ciò che era stato del suo passato, tutte le persone che ne avevano fatto parte. Il contatto delle labbra di colui che aveva provocato tutto quel dolore l'unico modo per recuperare la memoria. 
L'elfa uscì dagli ultimi ricordi che le mancavano con ulteriore consapevolezza, contenta di quello che era diventata grazie alle esperienze che aveva vissuto all'oscuro del suo passato, ma grata allo stesso tempo al passato che aveva recuperato. Insieme a queste due parti di lei, era riuscita a rinascere in una persona nuova. L'eroina di Tamriel. Solo questa nuova Kristal era stata in grado di concludere la missione, di superare la morte di Martin e di liberarsi dall'ossessione di protezione che provava nei confronti della figlia. 

D'altronde ormai erano passati vent'anni dalla morte di Martin. E dalla nascita di Brayl. La figlia era abbastanza grande per aver bisogno di muoversi, di vivere, di sentire in prima persona l'azione e la vita. Non comprendeva il desiderio di tranquillità della madre e dello zio. Per questo motivo si era arruolata due anni prima alla guardia imperiale della città, sotto il comando di Dosiov, un caro amico di famiglia. Kristal non aveva avuto nulla da ridire, sapeva che la figlia aveva piena facoltà di scelta per quanto riguardava la sua strada. Soltanto le fece promettere di allenarsi spesso insieme, in modo da poter imparare al meglio dalla migliore guerriera che conoscesse. Se stessa.

Ora si stringevano mentre seguivano la cerimonia da lontano, ascoltando le parole di coloro che Martin non l'avevano conosciuto per nulla, ma parlavano di lui come se fosse stato il loro amico più intimo. Kristal chiuse gli occhi e rivide il suo viso al buio delle palpebre, sentì il tocco delle labbra sulle sue e sorrise. Spalancando gli occhi finalmente capì. Capì davvero quello che le aveva detto quel giorno. 

Poi un giorno, superato il dolore per la mia assenza, sarai tranquilla anche tu, lo so. Capirai a fondo quello che ti sto dicendo, saprai con certezza che prima o poi ci riuniremo tutti, nell'aldilà.

Era felice, lo era davvero. E sapeva che lo era anche lui da lassù. Alzò gli occhi al cielo e per qualche istante le sembrò di vedere una scintilla. Sorrise ancora, mentre una grossa lacrima solitaria si faceva strada sul suo viso. Strinse con più forza sua figlia tra le braccia e tornò a guardare la cerimonia con lei. In cuore una nuova certezza.
Prima o poi ci riuniremo tutti. Prima o poi staremo insieme per sempre.


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