Capitolo 45 - Assassino!

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"Kristal? Kristal mi senti? Se mi senti stringi la mia mano. Forza, so che mi puoi sentire." Martin teneva la mano dell'elfa con crescente disperazione, nella speranza di percepire anche un minimo movimento. Però tutto restava fermo. L'imperiale appoggiò quindi la fronte sulla mano della ragazza con grande stanchezza e fece uscire numerose lacrime, silenziosamente. Qualche giorno fa, quando aveva visto entrare nel tempio Dosiov con l'elfa sulle spalle, si era preoccupato. Ma non esageratamente. Alla fine l'aveva salvata lui stesso quando era ritornata dal santuario della Mitica Alba e anche in quell'occasione era ridotta parecchio male. Col passare dei giorni però la sua angoscia era cresciuta sempre di più. Kristal continuava a restare incosciente nonostante le cure che le venivano date e tutti iniziavano a diventare impazienti su quando si sarebbe risvegliata. 

Martin pensò che in quel momento erano già passate otto notti. L'erede si sentiva impotente, provava a parlarle, provava a curarla con la magia oppure semplicemente restava per ore di fianco al suo letto, ma non succedeva nulla. In quei giorni riuscì a capire a fondo quello che intendeva Kristal quando parlava della morte di Uriel Septim, suo padre. Si sentiva completamente inutile. "Cosa devo fare per farti aprire gli occhi?" Alzò la testa, le guance erano talmente zuppe che le lacrime erano arrivate fino al mento e ora scendevano con una lentezza sfiancante. L'erede non se ne curò e continuò soltanto a guardare la figura distesa di fronte a lui. La persona che più aveva amato in tutta la sua vita.

"Posso entrare?" Dosiov si era affacciato alla porta. Vide Martin passarsi una manica sul volto per poi fargli cenno di avanzare. L'elfo entrò e si sedette sul fondo del letto, rivolgendo il volto verso l'imperiale. Notò immediatamente il rossore che colorava le sue guance e così capì che aveva pianto, ancora. La gelosia che aveva provato nel sentire Kristal pronunciare il suo nome all'interno delle catacombe di Sancre Tor ritornò forte e invase il suo petto. Tuttavia riuscì a controllarla con un sospiro profondo. Quello era il momento di unire le forze, litigare avrebbe soltanto peggiorato le cose. "Novità?" Martin ci mise qualche secondo a scuotere la testa in dissenso. Era evidente non volesse parlare con nessuno. "Posso parlare un po' con lei?" Questa volta Martin girò la testa all'istante, lo sguardo che posò su Dosiov fu inizialmente sorpreso per poi diventare subito dopo sospettoso.

"Non ti può sentire." Dosiov sospirò. "Lo so, ho bisogno di farlo però." Le spalle dell'imperiale si irrigidirono, socchiuse la bocca un paio di volte come se stesse per rispondere però alla fine non una parola uscì dalle sue labbra. Semplicemente strinse un po' più forte la mano di Kristal per poi alzarsi e chiudersi la porta alle spalle. Dosiov, rimasto solo con la moglie, prese il posto di Martin e le strinse a sua volta la mano. "Hey." Restò a guardarla per qualche istante, non un muscolo si mosse al suono della sua voce. Si avvicinò quindi un po' di più al suo viso e iniziò ad accarezzarle una guancia. "Mi manchi, veramente tanto." Fece una pausa senza staccare un attimo la mano dal suo volto. "Quando ti ho ritrovata ho capito subito che c'era qualcosa di diverso in te, era evidente che fossi cambiata. Restando con te in questi giorni però sono riuscito a ritrovare in fondo a quello sguardo truce mia moglie, la mia compagna di vita. Sei l'unica persona che abbia mai amato veramente e mi manchi, sento la tua assenza da quando hai iniziato ad odiarmi. Vorrei non averti mai dato motivo di farlo, vorrei non averti mai ferita così tanto." Numerose lacrime iniziarono ad affiorare dagli occhi dell'elfo che si mise a piangere sul petto della moglie.

Martin, ancora appoggiato alla porta della stanza di Kristal, aveva sentito tutte le parole dell'elfo e non poteva ancora stare all'oscuro. C'era qualcosa che Barus non gli aveva detto e con Kristal in quella situazione l'elfo non poteva tacergli ancora la realtà. Si avviò quindi lungo il corridoio del tempio in modo titubante, non avrebbe voluto lasciare  l'elfa sola con Dosiov, però doveva assolutamente sapere. L'erede trovò Barus nella sua stanza con un'ascia tra le braccia, il suo sguardo era talmente assorto lungo le varie decorazioni dell'arma che sembrava quasi volere fondersi con essa. "Barus?" L'elfo, preso alla sprovvista, si alzò immediatamente buttando l'ascia nel letto dietro di sé. Martin lo guardò con sospetto non comprendendo il perché di quella reazione, decise però di non farsi distrarre e arrivare direttamente al punto di ciò che gli interessava. 

Chiuse la porta a chiave e si pose di fronte a lui con sguardo serio. "Voglio sapere tutto." Barus assunse uno sguardo stupito a cui Martin non credette per un istante. "Il primo giorno che hai messo piede qui dentro mi hai voluto parlare, mi hai detto di aver fatto perdere la memoria a Kristal e di averlo fatto perché Dosiov l'aveva usata per non venire cacciato dalle guardie a causa del suo vampirismo. E io ti ho creduto, mi sono fidato di te e ti ho aiutato. Però non riesco a smettere di pensare che c'è qualcosa che non va, c'è qualcosa che manca nella tua storia. Mi puoi quindi spiegare bene tutto per favore?" L'elfo continuò a fissarlo senza muovere un muscolo, sembrava trovarsi in un altro mondo, in un passato che avrebbe preferito eliminare completamente dalla sua vita, così come aveva tentato di fare con la sorella. Si decise però a parlare, era giusto che sapesse. 

Dosiov aveva smesso di parlare, continuava ad accarezzare i capelli di Kristal in modo quasi meccanico, sperando che quel tocco la portasse finalmente ad aprire gli occhi. Almeno finché non lo sentì. Un tremito. Era stato quasi impercettibile, eppure l'aveva sentito. Balzò immediatamente in piedi con gli occhi sbarrati, incapace di comprendere ciò che era appena accaduto. Le loro mani ancora si toccavano e l'elfo percepì un nuovo tremito. Non c'erano più dubbi, stava riprendendo conoscenza. "Cosa diamine sta succedendo?" La voce di Martin alle sue spalle lo fece sobbalzare, si girò all'istante e lentamente grosse lacrime iniziarono a rigargli il volto. "Si sta svegliando, sento che si muove." Sorrise, vide che anche Barus stava sorridendo. Martin invece non aspettò un altro istante, lo scostò con malagrazia e prese il suo posto di fianco a Kristal. 

Infondendole un incantesimo di cura cominciò a parlarle, a darle forza, a prometterle che sarebbe andato tutto bene. Dosiov non ne poteva più. Quella era sua moglie, la sua compagna, la sua migliore amica fin da sempre. Non sopportava l'idea che qualcuno stesse prendendo il suo posto così sfacciatamente, non sopportava la faccia tosta con cui si stava comportando Martin. "Ora basta!" Urlò. Improvvisamente. Liberò tutta la sua rabbia e frustrazione proprio nel momento sbagliato. Barus reagì all'istante. Lo prese per le spalle e lo trascinò fuori dal tempio. "Che problemi hai?" Dosiov lo guardò furioso, aveva liberato tutta la sua ira e non si sarebbe calmato facilmente. "Che cos'ho mi chiedi? Davvero? Quella è mia moglie! Che lei lo ricordi o no lo è e io non sopporterò più che quella specie di mezzo uomo si metta ancora tra di noi. Non la passerà liscia!" Barus fu preso da una forte rabbia nel sentire quelle parole, tutto l'odio e il disprezzo che provava per suo cognato salì velocemente lungo il suo corpo e raggiunse infine la bocca. "E' tua moglie soltanto quando fa comodo a te vero? Tutto il dolore che le hai provocato non è svanito, tutti gli inganni, tutte le volte che l'hai usata per i tuoi scopi. Mi fai schifo, non ti perdonerò mai per tutto quello che hai fatto a lei, ai nostri genitori..." 

Anche Dosiov tuttavia era furioso, era rimasto in silenzio a guardare per tutto quel tempo. Ad osservare sua moglie innamorarsi sempre di più di qualcun altro, a nascondersi insieme a lui, a sorridere di gioia in ogni istante in cui si trovasse con lui. E faceva male. Terribilmente. Era un dolore che non aveva mai provato in vita sua. E ora che finalmente aveva la possibilità di sfogarsi, di tirare fuori tutta la sua sofferenza, non si sarebbe calmato molto facilmente. "Ah sì? Visto che è così perché non mi hai ancora ammazzato? Cosa stai aspettando? Sei un codardo, ecco ciò che sei!" Barus sospirò, era una profonda stanchezza quella che lo assaliva. "Non ti ammazzerò mai e sai anche perché. Non sarò mai come te." Sospirò ancora una volta, prima di continuare alzando particolarmente il tono della voce. "I nostri genitori erano anche parte della tua famiglia. E tu, tu li hai ammazzati. Sei un assassino, sei uno schifo di assassino e io non sarò mai come te."

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