Capitolo 5

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13/11/20XX – 10:03

Il tempo scorse velocemente durante l'attesa per l'ora in cui Lawnard e Reux sarebbero usciti di casa. Il fratello sapeva che Tanzia si sarebbe addormentata date le sue condizioni, per cui la scelta dell'orario era più che azzeccata.

Il più piccolo della coppia di fratelli spalancò la porta della camera di Lawnard, a cui non era nemmeno stata data una chiave per avere un po' di privacy, facendo alcuni versi con la bocca per svegliarlo e attirare la su attenzione.

«È ora? Oh...» Lawnard si era addormentato senza nemmeno accorgersene, cercava di riflettere su diverse cose ma soprattutto sulle parole della voce proveniente dall'orologio. Ma lasciando da parte le questioni incomprensibili, si fece forza e si alzò annuendo con decisione.

Sapendo che sua sorella se la sarebbe cavata, non si preoccupò di lasciarla da sola per un'ora al massimo, ovvero il tempo che avrebbero occupato per andare a parlare con il capo del villaggio.

Lawnard allora si incamminò senza fare troppo rumore verso la porta d'ingresso, fortunatamente la camera di Tanzia era chiusa e dall'interno non sembrava provenire alcun rumore. "Dorme beata" pensò il ragazzo mentre si teneva in ascolto, avendo fiducia nelle proprie capacità una buona volta.

«Cerchiamo di fare in fretta» sussurrò Reux. «È una ragazza tosta che fa un po' tutto da sola, ma sarà meglio prendere sotto gamba la sua condizione. Dannazione, che cosa mai potrebbe aver fatto questo a mia sorella?»

«Lo so» convenne Lawnard poggiandogli una mano sulla spalla, avvertendo i neri capelli del ragazzo davanti a sé legati in un codino solleticargli la mano. Quest'ultimo si girò, come a squadrare il compagno. «Lo so, è una situazione spinosa, ma ci metteremo d'impegno proprio per andare più a fondo alla questione. Dopotutto io ho un deb...»

Lawnard scosse la testa, rendendosi conto che il motivo per cui lo stava facendo non era di certo l'ingente debito che aveva nei confronti di Tanzia. «No,» continuò, «io le voglio bene, ecco perché lo faccio.»

«Mmh. La conosci da ieri. Abbassa la cresta.»

«Guastafeste.» Lawnard incrociò le braccia.

La risposta secca di Reux anticipò il gesto silenzioso con cui aprì la porta d'ingresso, permettendo ai raggi del sole di entrare in casa per alcuni secondi. Tuttavia, le nuvole in cielo erano ancora molto presenti, trascinando con sé un clima di inquietudine.

Ciò non fermò l'Albero dal riflettere i suoi mille colori: Lawnard si immaginò un grande albero collidere con un arcobaleno, assorbendone i colori e riflettendoli verso chiunque vi si posasse lo sguardo.

Abbassando gli occhi, però, rimase a bocca aperta quando vide la quantità di persone trascorrere la loro normale vita di tutti i giorni, camminando tranquillamente lungo ponti e piattaforme in legno che collegavano le abitazioni. Alcuni edifici simili a piccoli bar all'aperto riunivano anziani e giovani, genitori e figli.

Il lavoro non sembrava mancare, e con sé l'impegno reciproco per sostenere la piccola comunità costretta al rifugio. L'idea che un giorno la legione reale che minacciò il villaggio finito tra le fiamme solo la mattina precedente potesse raggiungerli da un momento all'altro bazzicò la mente di Lawnard, che tuttavia trovò il clima generale della gente della radura abbastanza tranquillo per qualche motivo.

«So che è una domanda particolare, ma...» Lawnard guardò per un momento altrove, decidendo subito dopo di affrontare comunque l'argomento, anche se con tono delicato e dispiaciuto. «Sono desolato per quello che è successo al villaggio sul precipizio. Ho visto le barbarie della legione reale, ma mi stavo chiedendo se...»

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