Capitolo 20

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Lawnard si avvicinò lentamente, poggiando la propria mano sulla spalla ritta di Trezia che giaceva in ginocchio davanti a lui. Quando la toccò riuscì ad avvertire la pelle ancora sporca rigettarlo, provocandogli una sensazione di insicurezza. Ma in quel momento gli fu anche parecchio chiaro quanto gli anni di prigionia le fossero pesati.

«Trezia» tentò di dire il ragazzo a voce alta, «conosci questa ragazzina?»

Lei esitò. Il suo sguardo pieno di stupore e ammirazione si era incantato, fermo dalla visione ultraterrena davanti a sé. La bambina che aveva posato i propri occhi su di lei dall'alto si avvicinò, mettendosi anch'essa in ginocchio.

«È Miza» sussurrò la ragazza con naturalezza. Il nome immediatamente suscitò in Lawnard qualcosa di familiare, forse lo aveva già sentito in uno dei racconti di Gan. E infatti, proprio sulla punta della sua lingua, trovò il collegamento che cercava, tuttavia venendo anticipato da Valk, che si fece avanti.

«È la ragazzina morta nell'incidente di vent'anni fa. Gan ce ne ha parlato. Dev'essere stato uno shock.»

Gli occhi di Valk si socchiusero in un sentimento condiviso di tristezza. Non aveva potuto assistere a quello che Lawnard aveva visto nel tragitto per raggiungere il villaggio, ma ora gli era chiaro che in quella palude esisteva qualcosa di ultraterreno che ora aveva catturato anche lui.

Ma, come aveva potuto immaginare dalle sue parole, si dovevano trovare in uno stato di sonno al di fuori di dove si trovavano in quel momento. Preoccupato che i loro corpi soffocassero come Lawnard era caduto all'interno di una delle pozzanghere, il ragazzo si avvicinò per chiedere spiegazioni.

«Cosa ci facciamo qui? Cos'è questo posto?»

Lawnard lo guardò, ovviamente anche lui in cerca di risposte. Le sue mani si fecero più fredde mentre il vento si alzava, scompigliando i capelli di Trezia mentre chinava il capo per lasciare la ragazzina parlare.

«Siete nella mia nuova casa, ora.» Il suo sorriso fece inquietudine a Valk, nonostante potesse notare il suo sforzo di tranquillizzarli. «Questo perché siete caduti in una delle Pozze dell'Idealismo, dove tutto è stravolto e il tempo non passa mai. Tutto è già successo e si ripete all'infinito.»

«Eh?» Lawnard rimase sorpreso. Il dipendente rimasto intrappolato nella usa visione passata era, di fatto, già morto da tempo. Anche Miza, come aveva detto Gan, era rimasta uccisa durante l'attacco al Villaggio di Rulik da parte della legione reale comandata da Kraig. Se aver provato a salvarlo non aveva provocato alcun risultato, allora anche Miza era impossibile da salvare.

«È così!» Miza alzò le mani al cielo. «Casa mia è il mio villaggio, i miei amici. Qui esistono, come potete vedere.» Dopo essersi voltata, in lontananza un gruppo di ragazzini prese a rincorrersi giocosamente. Erano gli stessi che Lawnard aveva incontrato fuori dal villaggio da piccoli. Subito dopo di loro, una ragazza dall'aspetto gracile e sorridente si avvicinò, lasciando svolazzare al vento i lunghi capelli neri mentre il sole faceva risplendere la sua pelle leggermente scura, donandole un tocco di graziosità familiare. Si trattava di Trezia.

«Quella sono io?» chiese la Trezia che ancora era con le ginocchia piantate sull'acqua paludosa della pozzanghera.

«Tutti sono qui. E io li vedo sempre» commentò Miza, per poi stringere i pugni e assumere un'espressione triste. «Ma succede la stessa cosa ogni volta. Ci sei tu, e c'è lui. E si ripete.»

Reux affiancò Valk per ascoltare meglio le sue parole. Nella sua tasca non avvertiva alcun segnale da parte della sorella, ma per calmare il proprio animo fece scorrere le perline del suo braccialetto tra l'indice e il pollice per poi cacciare un sospiro.

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