Capitolo 47

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Agli occhi di Valk era come vedere il mondo cadere in pezzi. Poco prima che il pavimento pietroso si rompesse in mille polverosi frantumi, Reux in mezzo alla nube che si era nuovamente alzata era riuscito ad appendere a una roccia sporgente grazie al suo bracciale allungabile portando il suo compagno con sé.

«Maledizione, Lawnard è ancora lì!»

Valk, appeso assieme a Reux, si reggeva con le gambe contro la parete mentre spostava lo sguardo in direzione del ragazzo rimasto in preda alle onde scatenate dalla potenza distruttiva dell'armatura che di tanto in tanto emetteva echeggianti cigolii nel muovere gli arti.

Stringendo con forza i denti, Valk venne colto da un impulso irrazionale di lanciarsi nuovamente sul terreno di battaglia e mettere fine a quell'inferno con le proprie mani. Nonostante non avesse mai deciso di impugnare un'arma come aveva fatto Lawnard, ora iniziava a credere che grazie a essa le sorti del duello si sarebbero ribaltate, che un uomo piovuto dal nulla sarebbe diventato un guerriero nel momento in cui ne impugnava una.

Volevo dimostrare qualcosa a se stesso, e sapeva dell'egoismo con il quale l'avrebbe fatto.

«Un momento, sembra star resistendo!» Reux indicò con dei movimenti della gamba il ragazzo sotto di loro, che non osava mollare la presa da Weiss, posizionato orizzontalmente in direzione della corazza. Avanzava – seppur lentamente – verso di lei, ignorando la presenza di spostamenti d'acqua davanti a sé. Era come se Weiss lo stesse proteggendo.

Crede davvero di potercela fare da solo? Nella sua testa, Valk lo additò come stupido. Eppure sentiva nel profondo che, seppur l'idea non gli piacesse, qualcosa li accomunava.

Una freccia si conficcò rumorosamente nella roccia poco lontano dai due. Quando Reux la vide, subito notò una corda attorno a essa. Un'altra cosa a cui fece caso era la precisione con cui si conficcò in una rientranza perfettamente, solo un arciere professionista sarebbe stato capace di centrare con una tale accuratezza la fessura.

Appesa alla corda vi era Lilianne, che si era legata l'altro capo attorno al corpo dopo averla scagliata, e sotto di lei una figura all'apparenza in completo imbarazzo si teneva anch'egli alla fune. Era Gan.

«Beh? Sei fortunato, dopo averti quasi ucciso ora ti salvo la vita. Mi aspetto un grazie.» Lilianne socchiuse gli occhi con una smorfia, ottenendo occhiatacce dagli altri due appesi di fianco a loro.

«Mi preoccupa quello lì.» Valk fece presente che Lawnard era rimasto in piedi e camminava non curante della pavimentazione cedevole che aveva preso a sgretolarsi a qualche metro da lui. «Inoltre, perché il suolo da lui percorso non sta cedendo?»

Cercando con lo sguardo nei dintorni, Lilianne puntò col dito della mano libera qualcosa in lontananza: appeso grazie al suo piccone ancora integro, il volto di Kraig sbucava da dietro una sporgenza alle spalle di Lawnard. L'oggetto da lui impugnato con una sola mano era conficcato a terra ed emanava una luce violacea che sembrava percorrere – anche se instabilmente – il terreno roccioso che il ragazzo percorreva per farsi strada sempre più velocemente in direzione della Conquistatrice.

È ancora vivo? pensò Valk. No... Non è possibile. È morto. Ma l'energia scorre ancora in quel piccone, come se fosse l'ultima estensione della sua volontà. Ma è effimera come lo è stata la sua alleanza con noi. Lawnard non sa del pericolo che sta correndo, cammina con un obiettivo in mente senza fare caso a ciò che gli sta attorno. Un comportamento simile... proprio non mi piace.

Mentre un sorriso nell'ombra si andava lentamente a sfumare in un'espressione di rabbia repressa, Reux posò repentinamente lo sguardo al di sotto di sé quando avvertì un alleggerimento. Valk, infatti, si era lanciato senza preavviso.

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