Capitolo 39

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Esisteva un tempo in cui il tempo stesso era qualcosa che l'essere umano desiderava monopolizzare. Una terra desolata si era tramutata in un vasto regno; un popolo piccolo popolo aveva generato discendenze; i casati avevano forgiato un re. Ma il sovrano di questo regno era avverso alle modalità del mondo.

Era umano, ma la sua mente lo tradiva. Il suo nome era Ruleus Ferron, dodicesimo detentore del titolo reale e monarca conosciuto in tutto il mondo sotto diversi titoli. Sebbene la sua età fosse sconosciuta, le popolazioni cresciute sotto la sua ala all'interno della capitale reale, Aramina, lo etichettano come "un sempreverde intelligente e giovane rivolto costantemente al bene del suo popolo".

Un'illusione. Nel momento in cui il tempo, una barca che porta chissà dove, si ferma e non lascia scelta se non quella di trovare un appiglio, qualcuno come lui rappresentava Dio.

Sapeva di essere stato eletto da qualcosa di superiore, pertanto avrebbe fatto della propria vita ciò che gli permetteva di sentirsi effettivamente vivo. Il suo desiderio fin dalla nascita, dopotutto, era quello di riuscire di scavalcare ogni credenza popolare, ogni dogma della società che si era forgiata nei millenni precedenti. Il frutto di un'evoluzione lontana era qualcosa che lo attraeva, come un'ambizione ricolma di ardore in un eterno conflitto sull'amore verso di esso e la volontà di distruggerlo.

"Adoro i giochi da tavolo. Ma, allo stesso tempo, li odio. Prendiamo ad esempio gli scacchi. Esistono pedine e zone bianche e nere, strategie per vincere e, alla fine, sempre qualcosa in palio da vincere o perdere. La logica dietro gli scacchi è interessante. Ci si presta, a turni, a muovere re e regine, cavalli, alfieri... È dinamico perché consente di indurre l'uomo a trovare il metodo vincente in situazioni critiche, inoltre è un esercizio mentale che migliora concentrazione e capacità di pensiero immediato.

Eppure, lo odio. Ogni cosa che segue stretti schemi e costrutti o induce al rispetto totale delle regole non ha alcun senso. L'unica cosa realmente di valore dietro a un gioco simile non è né il divertimento né la sua utilità mentale. È la conoscenza. Ma l'uomo può arrivare a conoscere soltanto un numero limitato di cose, per cui non ha alcun senso mostrargli qualcosa che non arriverà mai a capire appieno. Così come con i giochi da tavolo, non esisterà mai uomo che potrà accettare o comprendere totalmente ciò che gli viene imposto. Come risultato, gli obblighi e il loro rispetto sono un capriccio inutile. O almeno così pensavo."

La conoscenza. Il monarca di Thenére, Ruleus Ferron, sin da quando era ragazzino adorava leggere libri sulla storia del loro mondo. Li sfogliava con i suoi occhi verdi al chiaro di luna, sul balcone della sua vecchia casa famigliare per poi posare lo sguardo sul palazzo reale, così lontano ma così vicino da far scaturire in lui una necessità viscerale di mettervici piede.

I libri lo descrivevano come un luogo immenso, da cui si poteva avvertire l'intero mondo piegarsi ai propri piedi mentre gli occhi di un singolo uomo puntavano chissà dove, ben oltre l'orizzonte che unisce terra e cielo. Ma quell'orizzonte, o quella distanza tra lui e l'enorme ponte levatoio cigolante da cui alfieri, cavalli e re con la sua regina ogni giorno prendevano parte dell'andirivieni quotidiano, erano oggetto di dilemmi ben oltre i semplici dubbi giovanili di un ragazzino alla ricerca del suo scopo di vita, così come il significato del tempo e del mondo.

"È come gli scacchi. Tutto segue una logica. Ma io la odio. Voglio distruggerla. Per farlo, per arrivare lì, devo tradire me stesso. Una volta al trono, le porte verso l'infinita conoscenza mi si apriranno di sicuro. Perché il mio più grande desiderio è sapere tutto, dall'inizio della storia dell'universo fino a dove esso ci sta portando. Vivere senza conoscenza equivale a errare verso un vuoto infinito e insensato che è la morte. Prima di lasciare questo mondo per addentrarmici, farò di tutto in mio possesso per raggiungere quella cima... in modo da sapere cosa si prova ad avere l'intero mondo al di sotto di me."

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