Prologo~ Boogeyman

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La osservai in quella camera nera come la pece, distesa tra le lenzuola scure come la notte che avvolgevano le sue gambe in maniera sensuale. Bianca come il latte la sua pelle perfetta era come una luce in tutta l'oscurità della stanza, che era illuminata fiocamente da due candele per mezzo delle flebili fiamme che si muoveva a vuoto.

I capelli biondi erano sparsi sul cuscino, parevano quasi formare un sole. Tutto di lei irradiava luce e calore. Un calore in cui sentivo un disperato bisogno di immergermi.

Una luce che mi accecava, una luce che presto le tenebre e la rabbia dentro di me avrebbero avvolto e estinto.

Mi avvicinai con passo deciso al letto sedendomi accanto a lei, facendo attenzione a non svegliarla. I miei occhi gelidi divennero neri per il desiderio ardente di sottometterla e farla mia. Le mie dita si soffermarono sul suo volto, mentre le zanne sbucarono ingorde dalle mie labbra, ferendo queste ultime per la brama di affondare di nuovo nel collo di lei.

Il viso ovale e dolce era abbandonato sul cuscino,le labbra rosee erano leggermente socchiuse mentre le ciglia lunghe proiettavano piccole ombre sulle guance colorite.

Il marchio sbucava scarlatto da sotto le coperte, riempendomi di piacere e di un senso di possesso travolgente.
Lei era mia. Solo mia.

L'avevo presa al branco in cui era cresciuta, perché lei apparteneva unicamente a me nessun altro aveva il permesso di toccarla; nessun altro odore che non fosse il mio doveva ricoprire la candida pelle. Era destinata a me e nessun altro.

La voragine incolmabile che mi dilaniava il petto , riempendomi di vuoto e di odio, che insieme alla rabbia sembravano non abbandonarmi mai avvolgendomi come una seconda pelle, rendendomi più forte e inavvicinabile da chiunque avesse provato anche solo a ferirmi.

Continuai ad accarezzarla dolcemente. Era la prima volta da molto che toccavo qualcuno, se non per uccidere o torturare le vittime finché le loro urla non arrivavano alle mie orecchie riempendomi di eccitazione e piacere. Il dolore delle prede riusciva, anche se per poco, a colmare la voragine che avevo dentro.

Ma a lei non avrei mai potuto fare del male in quel modo, l'avrei protetta da ciò che avrebbe potuto ferirla, anche me stesso. Stranamente questa consapevolezza placava l'angoscia. Non potevo però proteggerla a lungo da ciò che io in realtà ero.

Un mostro, e nessuno sopravvive a lungo accanto a un mostro sussurrò una voce dentro di me dimenticata da tempo.

Allontanai la mano dal suo volto stringendola a pugno.

No a lei non avrei mai fatto niente pensai irato contro la voce, che aveva scavato giorno dopo giorno nei pensieri facendomi impazzire. Quella si zittì immediatamente.

Posai lo sguardo nuovamente sul volto di lei, facendomi placare dalla sua presenza e dal suo odore.

Ci sarebbe riuscita? O sarebbe corsa via come tutti gli altri? Sorrisi crudele.

Anche se avesse cercato di scappare non ci sarebbe riuscita. Non glielo avrei mai permesso.

Mi alzai e andai verso la porta. Le lanciai un ultimo sguardo.

Sarei stato il suo incubo peggiore.

Con quel pensiero uscii dalla stanza, ancora con il sorriso sulle labbra in netto contrasto con ciò che sentivo dentro.


The red thread. The Alpha's PrisonerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora