Capitolo 1

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Capitolo 1

Amber

Le vie di queste città mi sembrano tutte uguali, il clima è completamente diverso a quello cui sono abituata e per l'ennesima volta rimpiango il sole e l'estate della Florida.

Il vento è fresco e mi pizzica le guance mentre cammino a passo spedito verso la mia direzione. La ricordo benissimo come quella della scuola ed è per questo che sono da sola senza la presenza, a volte opprimente, della zia Tess. Per fortuna ha desistito dall'accompagnarmi, ma è stata una vittoria breve visto che tra poco chiamerà per informarsi se sono arrivata. Non sono abituata ad avere qualcuno che si preoccupi così tanto per me e farci l'abitudine sarà difficile.

Quando entro nell'edificio, mi libero della sciarpa verde avvolta al collo. Ha lo stesso colore della felpa con cappuccio, è una delle mie preferite perché larga e lunga. Fingo ogni volta di non sentire quando la zia mi dice che dovrei valorizzare di più la mia figura e indossare altro; felpe e jeans vanno benissimo e non ho intenzione di cambiare soprattutto perché passano inosservati. Vorrei poter far qualcosa per i miei occhi azzurri, è difficile essere ignorati con un colore come il mio soprattutto con la chioma bruna che mi ritrovo. Forse dovrei cominciare a portare occhiali da sole che li nascondono, in fondo il clima che c'è me lo consentirebbe.

«Buongiorno. Posso aiutarti?»

Una donna dall'aspetto gentile, sfodera un gran sorriso mentre mi guarda da dietro la scrivania. Porta i capelli legati in un severo chignon, anche i suoi vestiti sono rigidi e formali e sebbene la sua espressione cortese, non riesce a tranquillizzarmi. Vorrei poter andare via in quello stesso momento, mi piacerebbe avere una scelta ma non ce l'ho ed è questo che mi angoscia. Come una condannata a morte, costringo le mie gambe a fare qualche altro passo avanti.

«Sì, ho un appuntamento con la dottoressa Thomas».

La donna comincia a digitare qualcosa al computer e poi mi rivolge di nuovo il suo sorriso cordiale.

«Amber Collins, giusto? Se ti accomodi in saletta, tra poco verrà a chiamarti».

«Grazie» rispondo con un lungo sospiro e poi mi dirigo verso la sala d'aspetto che mi ha indicato. Per fortuna lì la temperatura è diversa, forse merito del riscaldamento. C'è un divanetto rosso con due poltrone, un tavolino basso di vetro su cui sono appoggiate delle riviste e qualche pianta finta che dona colore a un posto che dovrebbe tranquillizzare, ma ancora una volta la mia ansia non se ne va.

Noto un ragazzo che sta giocando al cellulare seduto a una poltrona, così decido di sedermi sul divanetto. Poso la borsa sulle gambe e prendo una rivista dal mucchio, forse servirà a far passare il tempo più in fretta.

«Sono vecchie».

Mi blocco mentre sto per afferrare un giornale e mi giro verso il ragazzo che ha parlato. Ha capelli corti e nerissimi, la testa chinata perché concentrato sul suo gioco.

«Quelle riviste» prosegue senza accennare a staccare gli occhi dallo schermo. «Sono vecchie. Ho rimproverato un mucchio di volte la dottoressa J. di cambiarle. Non ha molto senso aggiornarci sulle cose superate, giusto?»

«Dottoressa J.?» ripeto confusa. Sono certa che si chiami Thomas. Non posso aver sbagliato indirizzo.

«Sì, a me piace chiamarla così» risponde alzando le spalle. «E dopo un po' di tempo si è abituata anche lei».

«Immagino quanto sia felice di ricevere un nomignolo del genere».

Ho risposto d'impulso usando la mia arma migliore: il sarcasmo. Zia Tess non approva, più volte mi ha suggerito di cambiare atteggiamento senza però riuscire a convincermi. È un ottimo sistema per tenere alla larga le persone, ha sempre funzionato. O almeno fino a questo momento.

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