Capitolo 56

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Amber

«Eccoci!» esclama R.J. scivolando sulla panca accanto a me. «Vedo che hai compagnia, io sono R.J. tu devi essere Marika giusto?»

«Io sono Ollie» si presenta il mio amico sedendosi accanto a lei e io sorrido perché Marika è presa completamente alla sprovvista dai loro modi diretti di approcciarsi.

«Perdona i miei amici, certe volte dimenticano l'educazione»

«Sono stato educato!» si lamenta R.J. «Mi sono anche presentato, scusa ti sembro una persona maleducata?»

«Non direi» ammette con una risata Marika e R.J. annuisce compiaciuto.

«Visto? Comunque dovresti ringraziarmi invece di rimproverarmi, ho portato da bere per tutti»

«Abbiamo» lo corregge Ollie. Sta per aggiungere altro, poi si alza in piedi quando la canzone che stanno suonando cambia. «Rick dobbiamo andare subito a ballare! Adoro questa canzone»

R.J. beve la sua bibita a metà per poi posarmi una mano sul braccio.

«Vado altrimenti diventa isterico, tu però mi raccomando non sparire e ricorda quello che ti ho detto».

«D'accordo» prometto. «E grazie».

«Non ringraziarmi troppo presto, sta venendo qui quindi tu respira e tira fuori il coraggio».

Non ha bisogno di spiegare chi stia arrivando al nostro tavolo, avverto la sua presenza anche se non ha ancora parlato e il mio cuore perde un battito. È insieme a una delle gemelle e incrocia il mio sguardo senza proferire parola, ci fissiamo in silenzio ed è la prima volta da quando lo conosco che non usa la sua parlantina sciolta né sfodera il suo inconfondibile sorriso sfacciato.

«Ciao Simon» saluta R.J. spezzando quel silenzio imbarazzante. «È una vera fortuna che sei arrivato, Amber doveva giusto parlarti».

Non faccio in tempo a trafiggerlo con lo sguardo che Ollie mi fa alzare spingendomi verso Simon con un caldo sorriso.

«Bella festa comunque, noi andiamo a ballare, voi divertitevi».

Dopo me la pagheranno cara questo è sicuro. Sì, voglio parlargli, ma lanciarmi in quel modo come se non sapessi farlo da sola mi fa sentire una stupida e non mi aiuta per niente il silenzio assordante di Simon. Preferirei che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa pur di non sopportare questo mutismo insolito per lui.

«Io aspetto Mia qui» dice quella che capisco deve essere Maya. Prende posto accanto a Marika e mi sorride tranquilla. «Ciao Amber, ci sei mancata ieri alla tribuna. La partita è stata stupenda ma la mamma l'ha filmata quindi se vuoi vederla, basta dirlo»

«Non credo che le interessi» parla per la prima volta Simon. Il suo tono è duro per la prima volta mentre si rivolge a me e fa male, fa davvero male. Voglio il Simon irriverente, egocentrico e spiritoso che ho imparato ad adorare, questa nuova versione di lui non mi piace per niente e mi sento in colpa sapendo di essere stato io a provocare questa reazione.

«Certo che mi inte...»

«Cosa volevi dirmi?» mi interrompe. Sembra che voglia liberarsi di me in fretta, non riesce nemmeno a guardarmi in faccia e io stringo più forte il laccio della borsa come se questa presa potesse darmi la forza giusta per spiegargli tutto.

«Possiamo parlare in un posto più tranquillo?»

Annuisce quasi distratto e poi fa un segno alle sorelle forse per avvisarle di non muoversi in questo caos pieno di persone. Mi fa cenno di seguirlo, devo faticare a stargli dietro, incontriamo sempre gente che lo salutano e vogliono parlargli e lui non si gira nemmeno una volta a controllare se sia ancora dietro di lui o se sia a disagio in mezzo alla folla. Questo distacco improvviso è logorante e non so se potrò resistere a lungo in questo modo, gli dirò ogni cosa e se la mia presenza lo infastidirà ancora me ne andrò senza rimpianti.

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