Capitolo 53

447 14 0
                                    

Simon

Sto fissando da qualche minuto Marika e le gemelle che si scrutano dubbiose. Mi chiedo cosa frulli nelle loro teste e decido di rompere questo imbarazzante silenzio.

«Le postazioni famiglie sono già occupate, ma ti ho assicurato un posto ottimo per avere una visuale perfetta».

Quando Marika mi ha chiesto se poteva assistere a una mia partita, ho pensato che fosse l'occasione giusta per presentarla alle ragazze, ma ora me ne sto pentendo. La tribuna dedicata alle famiglie è il primo errore, non voglio che si senti esclusa ma sono anni che quel posto è occupato dai Torres e ora ci sarebbero state troppo domande a cui non ho voglia di rispondere se avessi aggiunto due posti in più. Quando si è trattato di unire Amber e i suoi amici non c'è stato problema, ma Marika e Cassie? Domande infinite e non sono ancora pronto a sbandierare all'intera scuola di non essere un Torres di sangue. Non mi vergogno di ammettere la verità, ma è abbastanza personale come argomento e spero che Marika lo capisca e non la prenda a male. Per fortuna mi sta sorridendo e io sospiro sollevato.

«Perfetto, grazie. È strano conoscere una celebrità. Ho visto le tue foto su qualche rivista, ma vederlo dal vivo sarà tutt'altra cosa»

«Conosci le regole del football?» chiede Mia e io la ringrazio mentalmente perché finalmente qualcuno a parte me ha aperto bocca.

«Non benissimo, ma credo che riuscirò a capire qualcosa appena urleranno in platea. Ho visto delle partite in tv e anche qualche film»

«Non è la stessa cosa» scuote la testa Maya. «Anch'io lo pensavo, ma forse è il caso che ti faccia un corso accelerato altrimenti non capirai niente. Posso dichiararmi la sua manager quando occorre»

«Semmai sono io» replica Mia.

«No, tu perdi tempo a urlare se qualche ragazza guarda Tim» risponde Maya senza scomporsi. «Quindi la più affidabile sono io».

Marika scoppia a ridere e anch'io faccio fatica a trattenermi di fronte la sincera brutalità di Maya e l'espressione oltraggiata dell'altra.

«Come ti permetti di...»

«Non litigate adesso» le ammonisco. «Tra voi due si sa chi è l'intelligente e chi la pazza scatenata, è tutto diviso equamente no?»

«Sai Marika» sbotta Mia. «Simon è alquanto bravo, ma stai attenta a non dirglielo tante volte o diventa egocentrico»

«E io cosa centro adesso?»

«Lo terrò a mente» sorride la mia nuova sorella. «Anzi, confesso che l'ho notato già».

Le osservo ridere di me e sebbene non mi piaccia essere il bersaglio delle loro frecciatine, mi fa piacere si sia sciolto il ghiaccio tra loro. Il coach mi chiama a gran voce e io alzo una mano per dirgli che sto arrivando.

«Devo andare adesso, ragazze le mostrate voi il posto?»

«Ci penso io» risponde Maya e poi mi soffia un bacio con la mano. «A tra poco vincitore».

Sorrido perché lei è la mia sostenitrice più accanita e so che crede in me quasi quanto me stesso. Sebbene non abbia l'esuberanza di Mia, è una mia grande fan e di questo ne vado sempre orgoglioso.

«È arrivata anche la mamma, era così ansiosa di vederti giocare» osserva Marika e poi si morde l'interno della guancia capendo di aver nominato una persona che suscita ancora disagio.

«Possiamo presentarci» suggerisce Maya, «visto che tu conosci già la nostra». Le rivolgo un sorriso grato mentre Mia si guarda intorno.

«Io devo prima capire dov'è finito Tim. Spero per il bene di Nicole che stia lontana da lui»

«Cerca di non far danni per favore, piuttosto avete visto Amber?»

Scuotono entrambe la testa, ma è Maya a rispondere.

«Starà sicuramente arrivando, non si perde mai nessun tuo allenamento e questa partita è troppo importante per non esserci. Vuoi che la cerchiamo per te?»

«Non importa». Saluto con una mano e vado dalla mia squadra mentre loro prendono posto. Ieri sera mi ha mandato un singolo e unico messaggio.

Sto bene. Ci vediamo presto.

Non so cosa diavolo possa significare, ho aspettato invano che dicesse altro, ma il telefono è rimasto muto e sono stato quasi tentato di gettarlo contro il muro. La pazienza che dovrei avere sta per finire, non mi consola sapere che sta bene, voglio vederla e assicurami con i miei occhi che sia così, è così difficile da capire?

Se questa partita non fosse così importante, la salterei e correre da lei ma non posso deludere i miei compagni e il mio allenatore proprio adesso. L'intera scuola crede nella nostra squadra e per quanto non sia del tutto tranquillo darò il meglio di me.

«Ehi, amico» batte il pugno chiuso col mio Mitch. «Chi è quella ragazza insieme alle tue sorelle?»

Voglio tenere per me la novità che mi riguarda ancora per un po', ma Mitch è il mio migliore amico e a lui non posso nasconderlo.

«È mia sorella. Un'altra. Sembra che debba essere circondato dalle donne a quanto pare»

«Tua sorella?» domanda lui sgranando gli occhi. «Davvero?»

«È una storia lunga, te la spiego dopo. Invece come va con Alyssa?»

«Bene» sorride e io mi tranquillizzo. Almeno non dovrò tenere lontano il mio amico da una parente. Spero che Marika non mi dia tanti problemi e che si trovi un bravo ragazzo come Tim. Avere tre sorelle comporta parecchie preoccupazioni e nessuno lo sa quanto me.

Il mio sguardo si posa sugli spalti mentre indossiamo i caschi. Il mio sguardo si posa sugli spalti, Marika e Cassie hanno preso posto e anche le gemelle con la mamma e Tim sono alle loro postazioni. Di Amber invece non c'è alcuna traccia e un peso opprimente mi scaccia il cuore.

Si sta allontanando da me volontariamente o non sono stato in grado di starle vicino quando serviva?

«Siete pronti?» ci chiede il coach. Mi costringo a smettere di cercarla illudendomi che arrivi da un momento all'altro, non sarà presente a una delle partite più importanti della stagione e devo farmene una ragione. Le avevo detto che un giorno avrei smesso di rincorrerla e forse quel momento è arrivato. Fa male, parecchio, ma non vedo alternative.

«Simon?» mi chiama Jhonson perplesso. «Tutto bene?»

Non ho mai permesso ai problemi personali di interferire con il gioco e non comincerò adesso, nemmeno per Amber Collins, nemmeno per colei che ha rubato il mio cuore e l'ha gettato via senza pietà.

«Tutto bene» gli assicuro stampandomi addosso un sorriso perfetto. Batto le mani per attirare l'attenzione dei miei compagni e decido di concentrarmi solo su di loro per non perdere di vista l'obiettivo finale: la vittoria.

«Andiamo a vincere la partita ragazzi!» esclamo a gran voce. Il coro della mia squadra mi aiuta a ricordare che non sono solo e posso farcela ancora una volta come ho sempre fatto.

Sei quello che stavo cercandoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora