Capitolo 33

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Amber

R.J. è riuscito a convincermi a venire prima e adesso devo ammettere che aveva ragione. C'è così tanta gente che è difficile anche parlare, molte persone non trovano i posti a sedersi e restano in piedi a occupare ogni singolo spazio vuoto. Avere un biglietto con un posto assegnato mi fa sentire una privilegiata ed è una strana sensazione.

«Ho portato i rifornimenti» si siede accanto a me Ollie. Le sue braccia magre sono in difficoltà a portare tutta quella roba da mangiare.

«Non è troppo?» chiedo mentre lo libero dal peso di tre lattine gassate.

«Ci serviranno» minimizza R.J. rubando subito un pacco di noccioline. «Ma non pensarci adesso, devi concentrarti. Guarda lì: qualcuno ti sta salutando».

Mi giro seguendo il suo sguardo e vedo una delle gemelle che alza una mano nella mia direzione. I biondi capelli sono raccolti in un'alta coda di cavallo che si muove allegra mentre ci raggiunge, il suo vestito corto rosso e bianco la fa sembrare ancora più carina e mi vergogno ad ammettere di essere stata gelosa di lei la prima volta che l'ho vista in compagnia di Simon.

«Ciao Amber» mi saluta allegra ignara del mio imbarazzo. Accanto a lei c'è Tim che mi rivolge un breve saluto, deduco quindi che sia Mia e ne sono felice altrimenti avrei aumentato il mio disagio chiamandola col nome sbagliato. Tom comincia a parlare con R.J. mentre Mia mi fissa con attenzione. «Simon mi aveva detto che ti aveva assegnato un posto accanto a noi, sai che è la prima volta che succede?»

Non so cosa rispondere a quel gesto che fa battere il mio cuore più forte, se prima mi sentivo privilegiata ora sono speciale ed è bello per una volta rendersi conto di esserlo.

«Mi ha anche consigliato di trattenerti perché saresti andata in escandescenza quando lui segnerà tanti touchdown. Sei così patita di football?»

«Tuo fratello dice un mucchio di sciocchezze» rispondo di getto e Maya scoppia a ridere sedendosi accanto a Tim.

«È vero, però lo adoriamo anche per questo»

«E non si può negare che sia bravo sul serio» ride con lei Mia. «È per questo che non ci perdiamo nemmeno una partita».

Non sono esperta di legami familiari, ma è palese l'affetto che queste ragazze provano per Simon. Comprendo la sua titubanza ad affrontare quel discorso spinoso con loro, ma sento che per loro non cambierà niente. Non si può smettere di voler bene ad una persona all'improvvisa ed è evidente quanto sono siano legate al fratello.

«Mamma, vieni» alza una mano Maya quando la signora Torres si guarda intorno forse cercandole. «C'è anche Amber hai visto?»

«Ciao cara, salve ragazzi» saluta la donna sedendosi al posto vuoto. «Sono felice di vederti».

Sono a disagio sotto il suo sguardo attento. Probabilmente sta pensando che sono del tutto diversa dalle ragazze che di solito frequenta suo figlio e in effetti non ha tutti i torti.

«Questo è l'inno della squadra!» urla R.J. mettendosi in piedi. Mi accorgo che non è l'unico ad averlo fatto. Per un attimo la musica sovrasta la confusione generale e sembrano tutti pronti a cantare insieme creando un assembramento di voci che mi coglie in contropiede. Mi alzo spinta dal mio amico, la squadra delle cheerleader sta sfilando agitando quei corpi perfetti in acrobazie che catturano tutta l'attenzione, poi vedo i ragazzi entrare in campo.

Le divise sono tirate a lucido, i visi coperti da protezioni e quelle spalle più ampie grazie alla particolare attrezzatura che devono indossare. I numeri sono l'unica cosa visibile dietro le schiene per riconoscerli e il mio sguardo si punta subito sul numero 16. Cerco di non badare all'agitazione che mi coglie all'improvviso e sono contenta quando ci sediamo di nuovo tutti e aspettiamo il fischio dell'arbitro che dà inizio alla partita.

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