Capitolo 15

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Amber

«Non riesco a capire come fai ad essere ancora così carica dopo tutti quei turni infiniti»

«Quando troverai un lavoro che ami, ti sentirai come me» risponde sicura «Chissà forse potresti trovare lavoro in un ristorante, questa carne è buonissima»

«È una delle poche cose che so fare» minimizzo. «Nemmeno la mamma sa cucinare e di conseguenza ho imparato molte cose».

Ho parlato di getto e quasi mi pento di aver inserito l'argomento, non mi piace parlare di mia madre soprattutto con lei, ma zia Tess allunga una mano a stringere la mia sul tavolo.

«Possiamo imparare insieme, compriamo un libro di ricette e sfruttiamo il mio giorno libero» suggerisce. «Mangiare sempre cibi precotti non è salutare e te lo dice un'infermiera».

Annuisco col cuore meno pesante, non ho mai cucinato insieme a qualcuno, ma sento che con lei potrebbe essere qualcosa di molto bello.

Il citofono suona ancora facendoci sobbalzare entrambe.

«Forse dovresti vedere cosa vuole questo "non amico"» suggerisce zia Tess.

«Non ho nessuna intenzione di parlarci» sbotto categorica. «E poi si stancherà presto e andrà via».

La zia si alza per posare i piatti sporchi nel lavello e poi sbircia dalla finestra.

«È ancora qui sotto, senza alcun riparo e pare proprio intenzionato a non andare via»

«Non ho voglia...»

«Allora dovrò chiamare la polizia» mi interrompe girandosi a guardarlo. «Non può stare qui sotto tutta la sera a citofonarci, disturba la quiete pubblica senza contare che potrebbe ammalarsi e io sono stanca per riprendere a lavorare proprio adesso quindi...»

«Ho capito» alzo le mani sconfitta. «Lo farò andare via».

Non ho portato con me nessun giubbotto, ma quando apro il portone sono investita da un vento freddo che mi coglie alla sprovvista. Ancora non sono abituata a questo tempo a volte gelido e mi stringo le braccia al petto per cercare calore.

Simon è zuppo, non c'è una singola parte del suo corpo a non essere bagnata eppure non si è mosso di un millimetro da quando ha bussato la prima volta. Dovrebbe essere furioso che l'abbia costretto a stare qui fuori al freddo, invece lui continua a guardarmi con calma.

Per un attimo accarezzo l'idea di farlo entrare a riscaldarsi perché anche lui starà morendo di freddo, ma scaccio subito questo pensiero e mi ricordo che devo solo liberarmi di lui.

«Sappi che sono qui solo per volere di mia zia. Devi andartene»

«Perché sei scappata via in quel modo durante gli allenamenti?» chiede come se non fosse bagnato fradicio e io l'avessi accolto a braccia aperte nel palazzo.

«Dovresti andartene a casa» rispondo facendo un passo indietro. Sono pronta a chiudere il portone, ma il suo piede mi blocca.

«Voglio sapere perché sei sparita e non ho intenzione di andarmene finché non me l'avrai detto».

È risoluto e qualcosa nel suo sguardo mi dice che sarebbe capace davvero di restare qui tutta la notte per uno sciocco punto di principio.

«Non credevo che avessi notato la mia assenza» ammetto sincera.

«E da dove ti è venuta questa malsana idea? Nemmeno R.J. sapeva dove fossi sparita e ho provato a chiamarti un milione di volte» mi rimprovera. «Posso sapere cosa è successo?»

Emetto un lungo sospiro chiudendo gli occhi e poi lo fisso seccata.

«Dovresti lasciarmi in pace, non capisco perché ti ostini a perdere tempo con me. La bionda che ti ha abbracciato non ti basta, tutte le tue fan urlanti non sono abbastanza? Non voglio essere una persona da aggiungere alla tua lunga lista di conquiste.

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