(Canzone consigliata: I Wanna Be Yours - Arctic Monkeys.)
Nerissa.
Inspirai.
Poi, tirai l'ennesimo pugno al sacco da boxe che avevo davanti.
Erano passati tre giorni dal mio finto appuntamento con Ethan, tre giorni in cui mi ero rintanata nella mia testa incasinata.
E l'unica cosa che riusciva a darmi un piccolo barlume di lucidità era allenarmi. Almeno cercavo di togliere quella sensazione di pesantezza che avevo all'altezza del petto.
Quasi ridacchiai al pensiero che, dopotutto, un cuore ce l'avevo per davvero. Anche se si faceva vivo solo quando tornava a galla quella maledetta storia.
Non ero tanto stupida da credere che la colpa era stata di Ethan tirando fuori quel suo "mi dispiace", lui cosa ne poteva sapere.
La colpa era di come quelle due parole avevano risvegliato un dolore che da un paio di anni avevo calpestato nelle camere recondite della mia testa.
Lo ammisi a me stessa: stavo male.
Stavo male da far schifo, a dirla tutta.
Giselle, in quei giorni che mi aveva guardata con dispiacere e accarezzato il viso. Ma nella battaglia che avevo con il mio senso di colpa, purtroppo, lei non serviva a niente.
Come non serviva a niente nemmeno distrarmi con qualche bottiglia di Merlot.
Niente serviva.
Niente poteva convincermi di essere una persona normale. Ero nata per portare morte nella vita, e purtroppo non solo in quella degli altri.
Anche nella mia.
Quella sensazione che era tornata a galla mentre mi guardavo allo specchio, la sensazione di essere un mostro, era come la cicatrice che avevo all'altezza del cuore: un macabro promemoria di come quell'organo avrebbe dovuto smettere di funzionare da un paio di anni.
E invece no, ce l'avevo fatta.
Ce la facevo sempre.
E no, non lo stavo dicendo con fierezza.
Piuttosto, con dispiacere.
Non ero un cazzo di diamante come tutta Las Vegas voleva far credere. I diamanti brillano, molto spesso sono rari gli esemplari autentici e sono preziosi.
C'era davvero bisogno che io elencassi i motivi per cui io non lo ero?
Il sudore aveva cominciato ad accarezzarmi la fronte, quasi facendomi il solletico, mentre continuavo a prendere a pugni quel sacco.
Avevo scelto di non mettere né bende né guantoni, dovevo rimanere ancorata a questo mondo per non sprofondare in quell'universo oscuro che erano i miei pensieri autodistruttivi.
E l'unica via era il dolore.
Il sangue.
Le nocche spaccate.
Immagini di quel periodo cominciarono a prendere forma davanti ai miei occhi, come se lo stessi vivendo di nuovo.
Una lama.
La stanza asettica di un ospedale del cazzo.
La sua voce.
Urlai mentre cadevo sulle ginocchia, mettendomi le mani sull'orecchie.
«Basta... Basta... Basta...» Farfugliai iniziando a dondolare sul pavimento per proteggermi da quei ricordi.
Quasi gemetti per il dolore che avevo all'addome, mi negava il respiro.

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Silence & Noise
RomanceCONTIENE CONTENUTI ESPLICITI E NON ADATTI A SOGGETTI MINORENNI. L'OPERA IN QUESTIONE È UN DARK ROMANCE, QUINDI VI INVITO A PROCEDERE CON CAUTELA. IN QUANTO ALCUNI CONTENUTI POTREBBERO URTARE LA SENSIBILITÀ DEL LETTORE. "Il Diamante Grezzo". Una ra...