(Canzone consigliata: Heaven - FINNEAS).
Nerissa.
Nove mesi dopo...
Schivai un colpo, ma un altro arrivò direttamente nel mio fianco sinistro. Non era abbastanza, non mi fece nemmeno male.
«Più forte, Margaret!», ripresi la ragazza che stavo allenando.
«Non ce la faccio», sospirò con l'affanno.
Prima che potesse accorgersene, incastrai una gamba tra le sue e la feci cadere sui materassini di schiena.
«Non esiste "non ce la faccio"», la guardai dall'alto mentre la sua chioma scura era completamente in disordine sul suo viso accaldato. «Vuoi riprenderti la tua vita?»
La vidi sbattere le palpebre come se non credesse davvero che si era ritrovata sdraiata a terra, a sua discolpa ero molto veloce.
«Rispondi, Margaret.»
«Sì, Nerissa», rispose. «Certo che lo voglio.»
«Bene», le porsi una mano per aiutarla ad alzarsi. «Prova ancora.»
Margaret era stata una delle prime donne ad entrare nel centro, piena di lividi e persino morsi che le avevano lacerato la carne dell'interno coscia. Ricordavo ancora come tremava e piangeva in silenzio, mentre aveva pregato me e Giselle di ospitarla.
Non ci avevamo pensato nemmeno per un secondo, le avevamo stretto le mani che non smettevano di tremare e l'avevamo condotta in quella che sarebbe diventata la sua stanza.
Quel pensiero che avevo avuto non pochi mesi prima aveva dato i suoi frutti. Creando la Pink Light Association, un vero e proprio centro con lo scopo di aiutare le donne in difficoltà.
Avevamo dato rifugio a tutte quelle mamme che non riuscivano a crescere i propri figli da sole, donandogli un tetto sopra la testa, del cibo caldo e istruzione per loro e per i bambini. Avevamo dato rifugio anche a tutte le donne, ragazzine, bambine, vittime di violenze sia fisiche che psicologiche. Donandogli non solo un letto morbido, ma anche corsi di autodifesa e supporto psicologico, grazie alle collaborazioni intraprese con medici del settore.
Avevamo perfino creato una sorta di piccolo ospedale al suo interno, per assisterle in qualsiasi frangente. Era una struttura di ben sette piani, dove al secondo piano si trovavano anche delle sale ricreative per aiutarle nel contesto sociale.
Ogni piano, tranne gli ultimi tre che erano stati adibiti a dormitori con ben cento stanze a piano, aveva uno scopo per aiutarle.
Giselle si occupava principalmente nell'aiutarle in contesti sociali, morali e si occupava di tutta quella burocrazia a cui io non riuscivo a stare dietro. Mentre io mi occupavo dei corsi di autodifesa, aiutandole a sentirsi al sicuro anche quando erano sole. Imparandogli quanto fosse importante saper difendersi, non solo per uno scopo fisico, ma anche mentale. Erano donne che avevano smesso di credere in sé stesse, chiudendosi a riccio pur di non soffrire più.
Io le aiutavo a rialzarsi in piedi e combattere tutti i giorni con dei mostri che non avevano chiesto loro di avere dentro di sé.
Stavo facendo quello che avevo promesso a me stessa mesi prima: rendere "il Diamante grezzo", e le sue conoscenze, utile per gli altri.
Alla fine, tutto quel dolore che avevo dovuto sopportare era servito perché aiutassi qualcun altro a superarlo. E mi faceva sentire bene quando vedevo la grinta e la determinazione accendere gli sguardi delle mie allieve.
Il loro impegno era strabiliante da guardare tutte le volte. Ricordare com'erano quando erano entrate lì dentro e vederle mentre si dibattevano facendo a gomitate verso la serenità, era commovente.
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Silence & Noise
RomanceCONTIENE CONTENUTI ESPLICITI E NON ADATTI A SOGGETTI MINORENNI. L'OPERA IN QUESTIONE È UN DARK ROMANCE, QUINDI VI INVITO A PROCEDERE CON CAUTELA. IN QUANTO ALCUNI CONTENUTI POTREBBERO URTARE LA SENSIBILITÀ DEL LETTORE. "Il Diamante Grezzo". Una ra...