Capitolo 37

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(Canzone consigliata: Dangerous Game - UNSECRET feat. Sam Tinnesz).


Nerissa.

La prima cosa che percepii fu l'umidità.

Quel senso di oppressione sulla pelle mi era troppo familiare.

La seconda cosa fu l'odore di muffa, mentre il suono gorgogliante di qualche tubo di scarico arrivò solamente dopo alle mie orecchie.

Già avevo compreso dove mi avesse portata Killian, ma volevo accertarmene con i miei occhi.

Infatti, quando le mie palpebre doloranti si sollevarono, vidi solamente mura di cemento e semioscurità.

Mi facevano male le braccia, le sentivo pesanti. Ma quando feci per muoverle, sentii un tintinnio.

Girai lo sguardo verso quel suono e appurai di avere i polsi legati con delle catene. E per rendere il tutto ancora più divertente, quelle catene erano attaccate al muro dietro la mia schiena.

Almeno aveva avuto la compiacenza di legarmi al muro con le braccia non troppo in alto. Se mi avesse legata al soffitto sarei morta nel giro di, forse, cinque ore.

E significava che non mi voleva morta. Almeno non quel giorno.

Ripensai a come tutto fosse andato a rotoli, a come nel giro di qualche secondo la situazione si fosse ribaltata e sapevo esattamente per quale motivo era accaduto.

Le emozioni.

Quelle bastarde avevano il potere di compromettere qualsiasi cosa.

Ethan non si era accorto della pistola puntata alla sua gamba perché era focalizzato su di me. Sicuramente preoccupato che potessi rimanere ferita.

Era davvero un testardo del cazzo, si ostinava a preoccuparsi per la mia vita quando non aveva così tanto valore come lui credeva.

Mentre, io, non mi ero preoccupata di andare a cercare Killian quando non lo avevo più visto. Troppo preoccupata per il benessere di Ethan.

Perché la sua vita, ormai, aveva un valore per me.

Sicuramente quel bastardo si era nascosto nell'ombra, aspettando un momento di mia distrazione per mettermi al tappeto.

Conosceva i miei punti deboli e li aveva sfruttati tutti.

Dal primo all'ultimo.

Potevo biasimarlo per aver avuto un ottimo spirito di osservazione e tale determinazione?

No, ma di certo lo biasimavo per aver ordinato a uno degli uomini di mio padre di sparare a Ethan.

La sua immagine mentre cercava di strisciare verso di me per raggiungermi mi tormentava ad ogni respiro. La sofferenza e la rabbia dipinta nelle sue iridi quando aveva urlato il mio nome erano diventate motivo di frustrazione.

Dov'era?

Era riuscito ad uscire da quel posto che si era trasformato in un inferno in terra?

Il tintinnio delle catene era una stilettata nelle mie orecchie e le ginocchia cominciarono a dolermi per colpa di quel pavimento di cemento grezzo.

Le fattezze di quel posto ricordavano il seminterrato di mio padre, ma in realtà non lo era.

Non c'era l'ascensore davanti a me, solamente una scala di ferro arrugginito che non sapevo dove conducesse.

Ovviamente le finestre non erano comprese nel pacchetto, la puzza di chiuso mi pizzicava nelle narici e la frustrazione del non sapere se fosse mattina o sera mi fece bruciare lo stomaco.

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