(Canzoni consigliate: Work Song - Hozier / Game of Survival - Ruelle).
Ethan.
In quei giorni, la sua assenza era diventata così bruciante da diventare quasi un'entità tangibile nel silenzio che mi circondava.
Una volta, quando eravamo più giovani ma non meno spezzati, avevo confessato a me stesso quanto io fossi ossessionato da lei.
E quella era una verità che continuava a confermarsi in ogni secondo della mia vita. Perfino ora, che non sapevo dove si trovasse, riuscivo a vederla.
La scorgevo nel tramonto, quando il sole regalava quella tinta di rosa corallo al cielo. Lo stesso colore delle sue labbra.
La sentivo nel vento che mi prendeva a schiaffi il viso, quando la città si ricordava che fossimo nella stagione più fredda. Come se quelle scaglie di gelo fossero le sue unghie contro le mie guance.
La vedevo dentro casa mia, immaginandola mentre accarezzava la testa di India seduta sul divano.
E la guardavo nei miei incubi. Non c'era stata una notte in cui non l'avessi sognata, in cui avessi avuto una tregua da quel sentimento lacerante che si stava facendo strada a forza di morsi nella mia carne.
Non sapevo cos'era l'amore, non conoscevo la sua potenza né il suo dolceamaro sollievo.
Ma se sentire una persona perfino dentro al proprio sangue era amore, allora io amavo Nerissa in un modo crudele.
In un modo che mi rendeva l'ombra di me stesso se lei non era con me, in cui mi era difficile perfino respirare se non la sapevo al sicuro.
Lei era diventata il mio veleno, un veleno che donava sollievo alle ferite che infliggeva.
Era diventata ossigeno per i miei polmoni e cibo per la mia fame.
Non seppi esattamente con precisione il momento in cui il mio odio per lei era diventato qualcosa di diverso, di così viscerale. Forse avevo sempre scambiato le due cose.
Forse in un modo totalmente sbagliato l'avevo sempre amata. Oppure no.
Di certo questo non cambiava il fatto che stavo impazzendo.
Era passata più di una settimana da quando Killian l'aveva presa con sé e tre giorni da quando avevo assalito le proprietà di Thomas per stanarlo.
Avevo la voce di Nerissa nelle orecchie e le sue smorfie cariche di disappunto sempre davanti agli occhi. Le mie mani formicolavano per il bisogno di toccarla di nuovo, di stringerla e di soffocarla con la mia presa.
Il mio corpo vibrava dalla rabbia. Una rabbia cieca che avevo preso il colore del petrolio, così densa e oscura che il desiderio di fare una carneficina era diventato quasi un obiettivo.
Quindi, non biasimatemi se vi dico che in quel momento mi trovavo davanti quel maledetto casinò dei Tornei sulla Strip, mentre avevo uno zippo in mano.
Ci giocherellavo come se fosse un oggetto innocuo. E lo sarebbe stato in un certo senso, se non fosse per la tanica di benzina che avevo svuotato dentro quel posto.
Era ancora in fase di ristrutturazione dopo quella sparatoria in cui avevo perso il mio veleno che aveva le sembianze di un angelo. Ma ero talmente accecato che, se ci fossero stati dei civili all'interno, non me ne sarebbe fregato un cazzo.
Il mondo poteva anche crollare su sé stesso.
Il metallo freddo dell'accendino aveva il peso di un macigno, come se qualche vocina nella mia testa mi stesse dicendo di non farlo. Di non abbassarmi a un tale livello di pazzia.

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Silence & Noise
Roman d'amourCONTIENE CONTENUTI ESPLICITI E NON ADATTI A SOGGETTI MINORENNI. L'OPERA IN QUESTIONE È UN DARK ROMANCE, QUINDI VI INVITO A PROCEDERE CON CAUTELA. IN QUANTO ALCUNI CONTENUTI POTREBBERO URTARE LA SENSIBILITÀ DEL LETTORE. "Il Diamante Grezzo". Una ra...