Capitolo 26

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(Canzone consigliata: Body (Slowed & Reverb) - Rosenfeld).

Ethan.

Ormai erano passate due settimane da quando Nerissa e sua sorella si erano trasferite nel mio palazzo, precisamente nell'appartamento sotto al mio superattico.

Avrei dovuto essere tranquillo per quel silenzio da parte del padre. Né una chiamata, né un cenno e né tantomeno un'imboscata.

E, invece, non ero tranquillo affatto.

La sensazione del mutismo di Thomas Tornei non mi piaceva affatto. Era come se avesse preventivato il trasferimento di Nerissa dal Caesars Palace.

Forse era esattamente così.

Oppure no.

E quel dubbio infimo graffiava la mia pelle, ricordandomi che ci fosse qualcosa totalmente fuori posto. Odiavo sentirmi impotente, detestavo non essere a conoscenza dei fatti.

Dovevo sapere.

Ma, allo stesso tempo, non sarei potuto andare da Tornei a fare le mie domande. Qualcosa mi diceva che non ne sarebbe uscito qualcosa di buono, probabilmente se mi fossi trovato da solo con lui gli avrei tagliato quella lingua del cazzo.

E un'altra cosa che odiavo era sentire il profumo di Nerissa ovunque.

Nelle scale, nell'ascensore. Ad ogni passo che compievo tra quelle mura, lei era ovunque.

Mi rendeva tremendamente nervoso la sensazione che mi regalava quell'odore nelle narici. Come se il mio corpo tremante implorasse di avvicinarmi ancora di più verso la sua fonte.

Nonostante le cose stessero andando meglio tra me e quel diamante dispotico, non ci tenevo proprio a passare con lei del tempo che non fosse strettamente necessario.

Quel bruciore nella schiena si intensificava quando le ero vicino, come a ricordarmi quello che ero e quello che non avrei mai potuto avere.

Quindi, 'fanculo, no. Non mi sarei avvicinato di nuovo, se non per continuare la nostra farsa.

Ed era proprio con quel proposito nella testa che decisi di andare ad allenarmi quella sera.

A ogni passo, cercavo di scovare modi per non incontrarla da nessuna parte. Il che era davvero un discorso divertente, visto che ero stato io quello che aveva riferito alla madre che le sue figlie avrebbero potuto venire a stare nelle mie mura.

Ammetto che quando lo decisi non ero molto lucido.

Avevo ancora le parole di Nerissa sussurrate nell'orecchio, quelle stesse parole che mi avevano permesso di entrare in un luogo in cui non avrei potuto parlare.

Quella voce che era riuscita a tranquillizzare i brividi di disgusto per me stesso.

Erano passate notti intere da quella sera, notti che avevo passato guardando il soffitto mentre accarezzavo le orecchie morbide di India. Chiedendomi cosa avessi di così sbagliato in me stesso da volere la ragione di ogni mio incubo.

Di ogni mia cicatrice.

Di ogni mio urlo di dolore.

Mi scoppiava talmente la testa che quando entrai nella palestra, al pian terreno del palazzo, non mi resi conto di una chioma bionda che si agitava mentre un suo calcio colpiva il bersaglio.

Indossava la sua classica tenuta sportiva: una tuta e un reggiseno sportivo. Ma sul suo corpo erano qualcosa di veramente osceno.

Come quella tuta fasciava il suo culo tondo e come quel reggiseno stringeva il suo seno, era qualcosa che dava letteralmente un calcio nelle palle a tutti i propositi che mi ero imposto.

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