(Canzone consigliata: Hunting Shadows - AURORA (slowed and reverbed).)
Nerissa.
Nonostante fossi tornata a casa, i miei pensieri erano ancora a New York. Sapevo perfettamente che a volte bisognava fare un passo indietro e lasciare che il lavoro lo svolgessero persone che avevano, non solo le risorse, ma anche l'addestramento adeguato. Eppure, non era facile per me pensare che non potessi fare nulla.
Non mi era mai piaciuto starmene in disparte ad aspettare, ma era anche vero che se non avessi seguito il consiglio di Victor avrei solamente peggiorato le cose.
Ero in cucina con mia sorella a fare colazione, il suo viso dolce era completamente privo di trucco e il suo sorriso appena accennato mi aiutarono a distrarmi da quei pensieri intrusivi.
Ethan era in uno dei suoi casinò per sistemare varie carte contabili e controllare che tutto fosse al suo posto. Era stato molto restio a lasciarmi quella mattina, ma lo avevo praticamente costretto. Nonostante tutto quello che stava succedendo, avevo bisogno di passare un po' di tempo da sola con Giselle.
C'erano tante cose di cui dovevamo parlare.
India girava intorno al bancone della cucina con il naso sporto in alto verso le nostre tazze, qualche volta mi diede anche un colpetto col muso sulla mano per indurmi ad accarezzarla.
«Domani devo andare da nostro padre», sbottai mentre stringevo la tazza di caffè tra le mani come se volessi romperla. «Devo mettere un punto a questa storia.»
«Lo faremo insieme», rispose Giselle e quando ricevette un'occhiata da parte mia, alzò gli occhi al cielo. «Sono addestrata e sono abbastanza grande per affrontare quel genere di cose.»
«Giselle...»
«No», mi interruppe. «Anche se tu hai sempre fatto in modo di non farmi trovare in situazioni scomode, alla fine ci sono dentro. E voglio chiuderla tanto quanto lo vuoi tu, ho sempre odiato quello che ti faceva.»
Le presi una mano tra le mie accennando un sorriso malinconico. «Molto meglio a me che a te.»
Notai il suo sguardo diventare lucido. «Non te l'ho mai detto, ma mi sono sempre sentita in colpa», quando vide i miei occhi confusi, prese un respiro profondo e si mise seduta con la schiena più dritta. «Tu hai sempre sacrificato così tanto per me, mentre io me ne stavo lì senza fare nulla. So che non ero addestrata, che ero impaurita, ma questo non cambia il risultato delle cose.»
Strinsi la presa sulla sua mano. «Giselle, smettila di pensarla in questo modo», quasi ringhiai. «Tutto quello che ho fatto, che sono diventata, è stato per permettere a te di vivere una vita quasi normale. Sono tua sorella, e non potevo permettere che accadesse anche a te.»
«Esatto», sospirò. «Anche tu sei mia sorella, eppure me ne sono stata rinchiusa dentro una cappa di vetro senza muovere un dito. Sono stanca di questo.»
«Ascoltami», mi avvicinai di più a lei. «Se sei stata rinchiusa è stato anche per colpa mia», quando vidi che stesse per interrompermi le diedi una piccola stretta alla mano per fermarla. «Ti ricordi quando abbiamo litigato tempo fa? Quando mi hai detto che sì, ti avevo salvata da nostro padre, ma solo per rinchiuderti in una gabbia?»
Annuì.
«Avevi ragione», ripresi. «Quando ho perso mio figlio ero distrutta, ci sei stata tu ad aiutarmi a raccogliere i cocci e rimetterli insieme. E, forse, avevo bisogno di prendermi cura di te come se fossi mia figlia per sopperire una mancanza lancinante e non è stato giusto nei tuoi confronti.»
«Capisco perché lo hai fatto, davvero.»
«Questo non lo rende giusto, però.» Strinsi le labbra fra loro. «Avrei voluto che fossi venuta da me quando volevi essere addestrata, ma so perché non l'hai fatto.»
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Silence & Noise
RomantikCONTIENE CONTENUTI ESPLICITI E NON ADATTI A SOGGETTI MINORENNI. L'OPERA IN QUESTIONE È UN DARK ROMANCE, QUINDI VI INVITO A PROCEDERE CON CAUTELA. IN QUANTO ALCUNI CONTENUTI POTREBBERO URTARE LA SENSIBILITÀ DEL LETTORE. "Il Diamante Grezzo". Una ra...