Capitolo 29

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(Canzoni consigliate: Wicked Game - Grace Carter / Say Yes to Heaven - Lana del Rey)

Ethan.

Aveva chiuso gli occhi.

Aveva chiuso gli occhi nonostante io la stessi pregando di non farlo.

Il suo viso era diventato bianco come un cazzo di lenzuolo e mentre la prendevo in braccio per farla sdraiare sul mio letto, continuavo a chiedermi dove diavolo fosse il medico Reed.

Per le famiglie come la mia e quella di Nerissa era necessario avere dei medici che si occupassero esclusivamente di noi e che tenessero sempre la bocca chiusa al giusto prezzo.

Ed era stata la prima persona che avevo chiamato appena ero riuscito a tornare illeso sotto al palazzo dove ormai viveva anche lei. Il suo piccolo gioco con i proiettili, che ha fatto scontrare quelle auto tra loro, mi aveva dato il giusto tempo per seminarli e portarla al sicuro.

Avrei voluto volentieri fermare la macchina, scendere e fare una cazzo di carneficina. Ma in quel momento contava solo Nerissa.

Stava perdendo troppo sangue e non riuscivo a fermare l'emorragia. L'unica cosa positiva era che nella spalla ci fosse anche il foro di uscita, indice che il proiettile non era nel suo corpo.

Ma sul fianco non ero riuscito a vedere niente nonostante le avessi alzato il maglione.

Troppo sangue.

E quasi non credetti ai miei pensieri quando ricordai il desiderio che avevo avuto di vederla sanguinare sotto i miei piedi, mentre in quel momento l'unica cosa che volevo era che aprisse quegli occhi e continuasse a mandarmi al diavolo.

Volevo che aprisse quelle pozze così chiare e che quei capelli tornassero ad avere il loro meraviglioso colore. Tra quelle ciocche c'era del cremisi, ma mi ero assicurato che non avesse ferite. Forse era stata colpa mia che con le mani sporche del suo sangue le avevo accarezzato i capelli per fare in modo che si svegliasse.

Quando riuscii a sistemarla sulle lenzuola, andai in bagno per recuperare un asciugamano e inumidirlo con un po' d'acqua.

Perché cazzo non avevo studiato medicina?

Se lo avessi fatto avrei potuto aiutarla, senza sentirmi così inconcludente per la sua vita.

La stessa vita che lei riteneva inutile e che non meritava rispetto.

Mi faceva così incazzare... Così incazzare che lei non comprendesse quanto ormai la sua esistenza per me aveva un valore.

Non sapevo ancora cosa pensare al riguardo, sapevo solamente che se lei non fosse sopravvissuta avrei scatenato una cazzo di guerra in cui la carneficina sarebbe stato l'ultimo dei problemi.

Quando tornai in camera, sentii il campanello suonare.

India non si mosse dalla porta della camera da letto, aveva solo drizzato le orecchie.

Come se neanche lei volesse lasciare Nerissa da sola.

«Quando dico che è un'emergenza, intendo che ti voglio con me nel giro di un cazzo di minuto.» Sbottai quando aprii la porta al medico Reed.

Lui annuì prima di seguirmi in camera.

«Cosa sa dirmi sull'aggressione?» Domandò mentre si avvicinava al corpo di Nerissa.

Quasi non respirava, il suo petto si muoveva in modo troppo lento.

«È stata colpita alla spalla e al fianco.» Presi un respiro profondo mentre mi sedevo accanto a lei. «Nella spalla c'è sia il foro di entrata che quello di uscita, ma al fianco non sono riuscito a capirlo.»

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