Capitolo 56

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(Canzone consigliata: And so It Begins - Klergy).

Nerissa.

Quel posto non era cambiato così tanto dopo tutto quel tempo. I divanetti, i pali per la pole dance, il bancone del bar e la musica, erano gli stessi di quando mi ero presentata nello strip club di Sean con Ethan.

Quello che era cambiato ero io.

Ricordavo di essere entrata lì per la prima volta con un'emozione del tutto diversa, ero così arrabbiata e desiderosa di farla pagare a mio padre che le mie dita avevano tremato per qualche secondo. Ero infastidita di dover fingere di avere una relazione con la persona che a quel tempo detestavo per quello che rappresentava.

Mentre ora che seguivo Sean verso dei divanetti, mi sentivo solamente stanca.

I documenti che portavo sotto il mio braccio pesavano come un macigno mentre l'uomo dalla pelle color cioccolato mi faceva cenno con la mano di sedermi. In lontananza notai Sarah, la ragazza con cui avevo provocato Ethan quella volta che Sean aveva voluto ospitarci lì. Stava ballando seduta a cavalcioni su un uomo, la sua schiena era inarcata mentre lui la accarezzava come se fosse un desiderio perverso divenuto realtà.

Quando girò la testa e incontrò il mio sguardo, mi regalò un sorriso provocatorio e un occhiolino. Quella sera non aveva nascosto il desiderio di avermi con lei, di saziare qualsiasi tipo di voglia avessi. Già allora avevo rifiutato per colpa di quelle emozioni verso Ethan ancora sconosciute.

Ricambiai il suo saluto e mi sedetti davanti a Sean. Il suo sguardo era pieno di aspettativa e curiosità, non gli avevo spiegato il motivo di quell'incontro. Avevo timore che avrebbe spifferato tutto a Ethan e non potevo permetterlo.

«Ethan sa che sei qui?», chiese poggiando le braccia sulla spalliera del divanetto mentre poggiava la caviglia sul suo ginocchio, come non avesse preoccupazione alcuna.

«No», risposi poggiando i documenti sul tavolo che avevamo in mezzo a noi. «E non dovrà saperlo.»

«Uhm...»

«Dico davvero, Sean», lo fulminai con lo sguardo. «Non deve saperlo.»

Alzò le mani in segno di resa. «Va bene, va bene», sospirò. «Ma non amo mentirgli.»

Avrei voluto rispondergli che anche io odiavo tenergli nascosto qualcosa, ma non potevo fare altrimenti.

Con due dita spinsi i documenti verso di lui. «Leggi.»

Si sporse verso il tavolino e la camicia bianca che indossava si tese sui suoi muscoli delle braccia, le vene che facevano capolino sui suoi avambracci si gonfiarono quando prese quei fogli tra le dita e cominciò a capire di cosa si trattasse.

Alzò lo sguardo verso di me. «E questo cosa significa?»

«Significa che se sei disposto a spendere quella cifra, l'impero Tornei sarà tuo», risposi atona. «Ethan ha scelto di non prendere nemmeno in considerazione l'idea e, odio ammetterlo, ormai mi fido di te. So che non useresti un tale potere per fare del male a qualcuno che non lo merita.»

Lo vidi inarcare le sopracciglia. «Non capisco per quale motivo non lo desideri tu», la sua voce aveva una sorta di perplessità nel tono. «Voglio dire, sei stata addestrata per questo.»

«No», scossi la testa. «Sono stata addestrata per uccidere, non per guidare un impero. In più, non voglio un cazzo da quell'uomo e nemmeno Giselle.»

«A proposito», posò i documenti sul tavolino come se scottassero. «Come sta?»

«Tutto sommato, bene», sospirai. «Ma non so se è la verità, a volte tende a nascondere le sue emozioni ai miei occhi.»

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