Capitolo 60

1.8K 107 6
                                    

(Canzone consigliata: BIRDS OF A FEATHER - Billie Eilish).

Ethan.

Due anni dopo...


Come ci si sentiva a vivere una vita di cui andare fieri?

Finalmente la risposta a questa domanda ce l'avevo, ed era una donna dai capelli d'angelo e occhi verdi pieni di gelo. Una donna che non aveva mai smesso di combattere, nemmeno quando la battaglia era già persa in partenza. Nemmeno quando era facile rimanere seduti ad aspettare.

Una donna dalla lingua tagliente ma dal cuore troppo buono per poter sopportare gli orrori che si celavano dietro le nostre porte.

La stessa donna che aveva preso i suoi traumi e i suoi incubi e li aveva plasmati in qualcosa che potesse aiutare qualcuno, che potesse servire per uno scopo nobile.

La mia donna.

La stessa che aveva condiviso con me quasi le stesse sofferenze e gli stessi incubi, ma che graffiava le mie cicatrici come volesse scorticarle via per crearne di nuove. Per crearne qualcuna che avesse un significato pieno di amore e passione.

In quei due anni ne avevamo passate così tante, momenti in cui era stato anche difficile andare d'accordo. Ma, alla fine, eravamo riusciti a trovare dei punti d'incontro che ci avevano dato la possibilità di vivere sereni.

Nerissa aveva ancora molto da fare con la Pink Light Association, ma tutte le sere in cui la vedevo con quello sguardo sapevo che non lo stesse facendo solamente per quelle donne e quei bambini, anche per sé stessa. Il suo coraggio mi era d'ispirazione.

Ecco spiegato il motivo per cui, ero ancora a capo dell'impero Brancoft a Las Vegas ma avevo delegato Sean come supervisore.

Quell'uomo dalla pelle color cioccolato aveva avuto davvero il suo gran bel da fare, ma amava quella vita così frenetica e piena di peccato. Ovviamente aveva altre persone a cui fare riferimento, non poteva di certo mandare avanti una città come Vegas tutto da solo. Ma nel suo lavoro era bravo, quindi avevo molte meno preoccupazioni e più tempo da poter passare insieme a Nerissa ad Atlanta.

Così tanto, che l'anno prima avevamo deciso di prendere una casa tutta per noi. Non era lontana dal suo centro, ma nemmeno così vicino. Ammisi a me stesso che non avevo badato a spese per quella villa, tanto che sembrava una reggia. Ma sicuramente India e Nala, la nostra seconda dobermann, la riempivano con la loro vivacità ed esuberanza.

Non andavo molto spesso a trovare Nerissa sul suo posto di lavoro, le sue allieve non si sarebbero sentite a loro agio nell'avere un uomo nel loro posto sicuro.

Solitamente l'aspettavo sempre fuori con un caffè, prima di riportarla a casa nostra.

Era del tutto surreale il pensiero di quanta strada avessimo fatto, ma era stato incredibile.

Tanto quanto la vista del suo corpo nudo mentre, quella mattina, si stava dirigendo verso il bagno. La sua pelle diafana era resa ancora più luminosa dal sole che entrava dalle finestre e i suoi capelli erano ancora più chiari, aveva le sembianze di un angelo.

Ma quando tornò verso il letto, lo sguardo che aveva dipinto nei suoi occhi, era tutt'altro che angelico.

Gattonò sul materasso avvicinandosi a me. I suoi seni prosperosi si muovevano a tempo con i suoi movimenti e quel culo sodo non faceva altro che farmi impazzire quando era così alto ed esposto.

«Buongiorno», sussurrò sulle mie labbra mettendosi a cavalcioni sopra di me.

Con un movimento del bacino invertii la nostra posizione per incastrarmi meglio tra le sue cosce. La sua schiena poggiata sul materasso si inarcò quando avvertì la mia erezione in mezzo alle sue gambe, portando i suoi seni così vicini al mio viso quasi da farmi vedere rosso.

«Buongiorno», mormorai sul suo collo mentre le lasciavo dei baci umidi sulla pelle. «Qualcuno si è svegliato di buon umore, stamattina.»

«Uhm, qualcosa del genere», gemette graffiandomi le spalle quando spinsi il mio cazzo in mezzo alle sue cosce. Dove era così calda e morbida da farmi rabbrividire.

Con le dita mi feci strada fino a quel piccolo fascio di nervi che aveva tra le cosce e mi ritrovai a gemere come un ragazzino quando toccai la sua carne. «Cristo, sei fradicia.»

Ansimò sotto al mio tocco, ma non riuscivo ad aspettare un momento di più. Quella mattina avevo voglia di scoparla con calma, godendomi ogni suo respiro e gemito.

Così, allungai la mano verso il comodino per prendere un preservativo ma la sua mano si chiuse intorno al mio polso fermandomi.

La guardai accigliato, cercando di capire cosa le stesse passando per la testa.

«Non indossarlo», disse con occhi accesi da una luce del tutto nuova.

«Nerissa...»

«Non indossarlo più», mi interruppe. «Ho sempre pensato di non poter donare la vita, ma insieme potremmo farlo. Potremmo riuscirci.»

Mi pietrificai.

Cercai nel suo viso qualche ombra per capire se mi stesse prendendo in giro oppure no, se fosse sicura di quello che mi stava chiedendo.

«Vuoi farlo con me?», chiese con un filo di voce mentre le sue pupille si dilatarono così tanto da scurire i suoi meravigliosi occhi. «Vuoi creare un piccolo futuro insieme?»

Un groppo si stazionò nella mia gola, rendendomi difficile persino respirare. «Se lo voglio?», chiesi retoricamente mentre la commozione mi impediva quasi di deglutire. «Sarei onorato di essere il padre di tuo figlio, di nostro figlio», le accarezzai il viso.

E qualsiasi cosa avremmo potuto dire dopo, fu del tutto superflua all'emozione che provammo entrambi nel sentirci per la prima volta. Nell'avvertire la carne dell'altro come fosse la propria, i gemiti che si mischiarono tra loro mentre ci scoprivamo in un modo del tutto differente.

Graffi, morsi, labbra che si scontravano, diventarono il nostro unico pensiero fino a cancellare tutto il resto.

Fino a quando non rimase che il silenzio intorno a noi e il rumore dei nostri corpi che si univano come fosse la prima volta.

Più guardavo quella splendida donna sotto di me, meno riuscivo a credere di essere degno del suo amore. Forse un giorno sarei riuscito a pensare di meritare una persona come lei.

Fino a quel momento avrei lavorato su me stesso affinché diventassi quel tipo di uomo che non le avrebbe mai fatto mancare nulla.

Sarei stato il suo migliore amico, il suo amante, il suo confidente e il suo nemico.

Se lei meritava di meglio, allora sarei diventato il suo meglio.

Per quella donna che mi aveva donato una voce quando avevo smesso di credere di averla, che mi aveva salvato in modi in cui lei nemmeno comprendeva. Che mi aveva insegnato quanto potesse essere potente provare qualcosa di così viscerale per qualcuno.

Per la stessa donna che era stata una speranza per un bambino che aveva smesso di sognare, che era stata fonte d'ispirazione per la sua forza e bellezza.

E quella bellissima donna finalmente aveva smesso di scappare da me. Avevamo smesso entrambi di continuare a chiederci se stessimo facendo la cosa giusta oppure meno, sapevamo troppo bene quanto la vita potesse essere breve.

E non vedevo l'ora di condividere la mia esistenza con lei, di continuare ad adorarla come fosse il primo giorno.

La vita aveva tutto un altro sapore se riuscivo a baciare le sue labbra quando volevo e ascoltare il suono della sua voce.

Un sapore nuovo che credevo portasse il nome di felicità.

E amavo vivere la felicità con Nerissa.

La mia voce, la mia passione, il mio odio, il mio amore.

Il mio rumore.

Silence & NoiseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora