(Canzone consigliata: Tragic - Tommee Profitt feat. Fleurie)
Nerissa.
Diciannove anni prima...
«Ma io non lo voglio fare.»
Non riuscivo proprio a capire perché il mio papà doveva sempre farmi fare delle cose che io non volevo.
Non mi piacevano quei giocattoli appuntiti con cui voleva farmi giocare, ogni volta mi facevo male alle mani. E non mi piacevano nemmeno i suoi insegnamenti.
Perché dovevo imparare a prendere a calci un omino di gomma?
Io volevo solo giocare con le mie amiche e abbracciare il mio unicorno rosa. Giselle voleva sempre rubarmelo perché le piaceva tantissimo, ma non glielo permettevo.
Lo volevo tutto per me.
«Vuoi che lo faccia fare a Giselle?» Mio padre aveva gli occhi strani quel giorno, era come se una nuvola grigia avesse appannato il loro colore. E mi guardavano con... Rabbia.
Perché era arrabbiato con me?
Facevo sempre tutto quello che mi diceva, senza mai dire niente di sbagliato. Non volevo che facesse fare quelle cose alla mia sorellina.
Anche se non capivo quello che stava succedendo, sapevo che dovevo proteggerla.
Negai scuotendo la testa, mentre tenevo quel giocattolo appuntito stretto al petto, ma sapevo di non dover esagerare con la mia stretta. Qualcosa mi diceva che mi sarei fatta molto male.
Perché quel giocattolo somigliava tantissimo ai coltelli che si usavano per mangiare, ma era più stretto e affilato e molto più lungo. Papà, però, diceva che erano dei giocattoli con cui avrei dovuto imparare a giocare.
E a me piaceva giocare, quindi non avevo mai fatto nulla di diverso da quello che mi diceva lui.
Fino a quel giorno.
Papà mi diede una leggera carezza sulla testa, ma stranamente non mi fece calmare. «Brava, Nerissa.» Si accovacciò sulle ginocchia per arrivare alla mia altezza e mi fece un piccolo sorriso. «Ora, devi solo avvicinare quel giocattolo alla gola di questo uomo molto simpatico.»
Mi imbronciai.
Perché dovevo avvicinarlo alla sua gola? Gli avrei fatto male.
«Non vuoi giocare con lui, Nerissa?»
Alzai gli occhi verso l'uomo che era inginocchiato davanti a me.
Aveva lo scotch che io usavo a scuola sulla bocca, e gli occhi erano rossi come quelli di un drago pronto a spalancare la sua bocca e mangiarmi tutta intera.
Continuava a parlare, ma non riuscivo a capire cosa diceva se aveva la bocca coperta. Scuoteva il suo corpo per cercare di muovere le braccia, ma non sapevo il perché non ci riusciva.
«No.» Sussurrai. «Non voglio giocare con lui.»
Il viso di mio padre si trasformò.
Sembrava il viso di un mostro cattivo venuto a darmi la caccia. Ma il principe azzurro sarebbe arrivato per salvarmi, io lo sapevo.
Non avevo paura.
Prese quel giocattolo appuntito dalle mie mani e prima che io potessi vedere meglio, sentii dei versi strani provenire da quell'uomo prima che mio padre avvicinasse il giocattolo al suo collo.
«Dovevi semplicemente saldare il cazzo di debito che avevi con me e non l'hai fatto.» La voce di papà era diversa. Era come se avesse mal di gola.
Cercai nelle tasche delle caramelle al miele che portavo sempre con me per regalarle alle mie amiche e mangiarle insieme, magari avrebbero aiutato con il suo dolore fastidioso e sarebbe tornato a parlare con la sua voce di sempre.
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Silence & Noise
RomanceCONTIENE CONTENUTI ESPLICITI E NON ADATTI A SOGGETTI MINORENNI. L'OPERA IN QUESTIONE È UN DARK ROMANCE, QUINDI VI INVITO A PROCEDERE CON CAUTELA. IN QUANTO ALCUNI CONTENUTI POTREBBERO URTARE LA SENSIBILITÀ DEL LETTORE. "Il Diamante Grezzo". Una ra...