Capitolo 47

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(Canzone consigliata: Breathe - Fleurie & Tommee Profitt).

Ethan.

C'erano così tante cose che infastidivano la mia persona, a partire dal genere umano. Ma erano le bugie che facevano scattare quella sorta di interruttore nel mio cervello, portandomi a digrignare i denti per cercare di smaltire un po' di rabbia.

Ecco il motivo per cui avevo trascinato di peso Nerissa in palestra dopo averla sentita dire che non aveva bisogno di riprendere l'allenamento. Non volevo conoscere tutti i traumi che le aveva inflitto quel bastardo, ma quel tremore alle sue gambe dopo aver passato un po' di tempo in piedi, non era una cosa buona.

E odiavo vederla in quello stato.

Era sempre la donna meravigliosa e forte che avevo conosciuto, aveva solo bisogno di ricordarselo. E il mio compito quella mattina era proprio farle comprendere quanto quella forza era ancora sua, quanto quella capacità di mettere un uomo in ginocchio era ancora sua.

I suoi capelli svolazzavano nella sua coda di cavallo, mentre il sole che filtrava dalle finestre della palestra rendeva quel biondo più luminoso. Di un bianco quasi angelico.

Era sempre stato un paradosso per me: una donna che agiva secondo i dettami del diavolo ma che aveva le sembianze di un angelo.

«So farlo anche da sola», borbottò infastidita mentre i suoi occhi guardavano i miei movimenti nel fasciarle le mani.

«Lo so», risposi. «Ma permettimi di farlo.»

Quello che avevo compreso nel tempo passato con lei, era che preferiva iniziare a scaricare un po' la tensione con qualche colpo tirato al sacco da boxe. Mi aveva confidato che le era d'aiuto per esorcizzare i demoni prima di un allenamento vero e proprio.

Le sue mani avevano ancora qualche ferita inflitta in quei giorni in cui avevo rischiato di impazzire, ma erano in via di guarigione. Almeno per quelle che riuscivo a vedere ad occhio nudo.

Dopo aver finito di fasciarle le nocche, le presi le mani tra le mie e la accompagnai davanti al sacco da boxe.

«Da qui devi proseguire da sola», mormorai sul suo capo prima di lasciarle un leggero bacio sui capelli.

La sentii sospirare, poi la lasciai andare.

Qualsiasi cosa dovesse esorcizzare era importante che lo facesse da sola. Molto spesso abbiamo bisogno di un piccolo aiuto, altre volte non serve. Solo chi sta attraversando il dolore sa come affrontarlo, come abbracciarlo stretto fino a farlo sparire. Nerissa aveva provato dolore per tutta la sua vita, sapeva benissimo come relazionarsi con esso.

E sapevo che se avessi interferito in qualche modo avrei solo peggiorato la situazione, l'avrei spinta ad appoggiarsi a me. Avrei voluto assorbire i suoi problemi, avrei voluto che lei si affidasse completamente a me, ma non era giusto.

Non vivevamo una vita normale, da un momento all'altro avrei potuto morire. E mi avrebbe ucciso una seconda volta sapere che lei non era in grado di affrontare l'inferno senza di me.

Quindi, feci un passo indietro mentre la guardavo che inclinava la testa da un lato, come se stesse facendo prendere forma a quel sacco da boxe.

Sapevamo entrambi che immagini stava vivendo nella sua mente.

Il pensiero di quello che quel bastardo le aveva fatto provare quasi mi faceva venire voglia di tornare nel seminterrato e tagliarlo a pezzi.

Nerissa tirò il primo pugno. Il suono rimbombò nella palestra del mio palazzo come un tuono.

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