Capitolo 38

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(Canzone consigliata: Hurts Like Hell - Fleurie & Tommee Profitt).

Ethan.

Guardavo il bicchiere di rum che avevo poggiato sul tavolino, avvolto dal silenzio del mio appartamento mentre quel cazzo di orologio a pendolo mi rammentava il tempo che scorreva.

Tempo in cui lei non era con me.

Il colore ambrato del rum non riusciva a rispondere alle domande che avevo nella testa, né il suo sapore riusciva a donarmi un po' di tregua.

La gamba faceva un male del cazzo ma non me ne importava nulla, quello che importava era trovare Nerissa e riportarla a casa con me.

Erano due giorni che il medico continuava a ribadire che dovessi stare a riposo per poi pensare alla riabilitazione. Il bastardo che mi aveva sparato aveva avuto una mira di merda, la mia arteria femorale non era stata toccata nemmeno da vicino. Ma, nonostante la ferita fosse più esterna, il proiettile aveva comunque danneggiato la mia coscia. Non me ne importava, la riabilitazione e tutto il resto sarebbe venuto solamente dopo al mio scopo primario.

Avevo scorto India, poco prima, mentre girava per tutto il mio superattico come se stesse cercando qualcosa, ma sapevo benissimo che non stesse cercando un oggetto. Bensì, una persona.

E quella persona era proprio quella bionda che avevo cercato in tutti i modi di levare di mezzo, ma che poi alla fine era diventata così una costante nelle mie giornate che, mentre continuavo a guardare quel cazzo di rum come se potesse darmi la soluzione a tutti i miei problemi, riuscivo solamente a pensare a quanto quella casa fosse silenziosa senza il suo respiro vicino al mio.

Quanto fosse spaziosa e vuota senza la sua pelle attaccata alla mia.

Girai lo sguardo verso l'orologio a pendolo che avevo davanti al divano, l'orologio di mia madre, e per la prima volta in tutta la mia miserabile vita mi ritrovai a chiedere l'aiuto di una donna che non avevo mai conosciuto e che non poteva aiutarmi davvero.

Le uniche persone che potevano farlo erano Sean e la madre di Nerissa, Kim.

Ed era più di un quarto d'ora che li stavo aspettando, continuando a contare i rintocchi come una punizione.

Ogni secondo che passava equivaleva a un secondo in cui lei era con quel pezzo di merda. Mi fidavo delle sue capacità, non ero uno stupido, ma non mi fidavo della follia di quel Killian del cazzo.

Non sapere dove fosse, come stesse, mi stava facendo letteralmente impazzire.

Come quelle maledette stampelle che il medico mi aveva rifilato a forza ma che non avrei usato.

Quando ormai ero arrivato sull'orlo di una crisi di nervi sentii bussare alla porta.

Mi alzai con non poca fatica, ma riuscii a zoppicare fino all'ingresso per aprire a Sean e a Kim.

«Dobbiamo andare a prendere quel figlio di puttana», sibilò Kim quando entrò nel mio superattico seguita dal mio amico.

«Ed è proprio quello che faremo, ma prima dovete dirmi cosa cazzo sta succedendo», rispose Sean fulminandomi con lo sguardo. «Perché sarò anche un uomo di colore che ama lo scherzo, ma non sono stupido fino al punto di credere a tutte le omissioni che mi hai rifilato, Ethan.»

Zoppicando mi sedetti di nuovo sul divano e rimasi sorpreso dal comportamento di India. Era seduta con le orecchie dritte vicino al tavolino e studiava Kim, ma senza provare ad ucciderla.

Era un grande passo avanti.

E sinceramente non mi era nemmeno passato per la mente il pensiero che potesse farle del male, francamente non me ne fregava niente. Dovevo trovare Nerissa, il resto era superfluo.

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