XXXI.

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Un amore non è tale, qualora non salvi. Un amore non è tale, qualora non dia consapevolezza di sé.

Il vissuto dei fratelli Jeon aveva fatto acquistar loro una tale cognizione da esser coscienti che, per come il loro rapporto si era evoluto, ognuna delle due parti aveva dato il massimo all'altra.

Si erano aiutati a vicenda, avevano guarito là dove il cuore portasse delle antiche ferite; i difetti morali e fisici avevano lasciato spazio a splendidi pregi sul corpo e nella mente di ciascuno, ed avevano acquistato una propria sicurezza, una maturità tale che fosse loro possibile discernere il giusto dall'erroneo.

Il carillon di Taehyung suonava una dolce melodia che allietava il sonno di James.

Lo stava cullando fra le sue braccia, in attesa che chiudesse gli occhi per riposare.

Dondolava suo figlio con dedizione, adorava prendersi cura di lui - dedicarsi totalmente a lui.

Allontanava spesso le balie per rimanere da solo in compagnia del bimbo.

James lo faceva sentire migliore, gli dava conferma che fosse un ottimo padre.

Tutte quelle attenzioni che gli donava venivano ricambiate dal suo amore immenso ogni giorno, tanto da farli sentire una cosa sola.

James si addormentò.

Sebbene quella mattina non avesse presenziato a nessun evento insieme al padre, era assai stanco.

Taehyung lo accarezzava con delicatezza, mentre ascoltava quella melodia tanto rilassante che proveniva dal carillon.

Gli dette un ultimo bacio sulla fronte e lo adagiò sul suo piccolo lettino, per poi chiamare la balia, presente quella mattina, che gli avrebbe fatto compagnia durante il sonno per stare lì, qualora si fosse svegliato.

Quel giovedì pomeriggio, Taehyung era in attesa del fratello.

Per solito Jungkook tornava la sera del mercoledì o la mattina del giorno stesso, ma stavolta non si era verificata nessuna delle due possibilità.

Il principe credeva che Jungkook si fosse trattenuto ancora per un po' ad Hatfield in via eccezionale, per occuparsi dei suoi affari o a causa di un imprevisto che gli aveva imposto una più duratura permanenza alla villa di campagna.

A Taehyung parve strano.

Quando si parlava di lui o di James, Jungkook era la persona più puntale di tutto lo stato britannico; allo scoccare della mezzanotte del mercoledì o al mezzogiorno del giovedì era sempre ad Hampton, pronto ad essere accolto dal fratello sull'uscio di casa.

A causa del suo carattere fortemente introspettivo, Taehyung, che non aveva visto il suo amante davanti alla porta del palazzo a nessuno di quei due orari, si era preoccupato ed aveva iniziato a farsi una serie di complessi mentali per darsi una spiegazione sul perché Jungkook non fosse già lì.

Cercò di liberare la mente da tutti quei pensieri. Provò a non credere che gli fosse successo qualcosa di preoccupante.

Avrà sicuramene avuto qualche imprevisto - continuava a ripetersi il principe nella sua testa, ma quel tipo di psicologia non funzionava con lui fin troppo focalizzato.

L'ansia aumentava lentamente, e cresceva il doppio rispetto ad una agitazione ordinaria, perché in quel caso si trattava di Jungkook, del suo Jungkook.

Si adagiò sul divanetto dello studio di Hampton, provando a non pensare a tutto ciò.

Prese un libro ed iniziò a leggerlo. Le sue capacità di concentrazione erano pressoché nulle.

Fissava per minuti interi una stessa frase senza proseguire nella lettura, perdendosi fra le parole scritte in piccolo sulla pagina ingiallita che aveva fra le mani.

Leggeva e rileggeva quel rigo nell'attesa di comprenderlo. Ma non riusciva a far persistere l'attenzione nella lettura.

Si arrese, e posò il piccolo libriccino dalla copertina verde sul comò proprio accanto a lui. Tentò di trovare un minimo di riposo per la sua mente affaticata, chiudendo gli occhi e adagiandosi su letto.

ʕ•ᴥ•ʔ

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