XLVI.

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Jungkook continuava a rimandare le nozze.

Di giorno in giorno trovava sempre una pecca in più nell'allestimento o nell'intera organizzazione della festa.

Per la verità era tutto perfetto, ma a lui non sembrava.

Procrastinare non significava solo rendere ancor più impeccabile ciò che già era ineccepibile, ma, rimandando il matrimonio, il giorno in cui sarebbe dovuto partire per l'esilio era ancora più lontano.

Non voleva partire.

Sposarsi lo allettava, lo rendeva più che mai emozionato, ma all'eccessiva euforia di quella unione seguiva indubbiamente un allontanamento forzato, frutto di una scelta non propria e di eventi inattesi.

Procrastinare era diventata una scusa, almeno per Jeon Jungkook.

Suo fratello non aspettava altro che convolare a nozze.

Ormai anche l'irrealizzabile era stato reso fattibile, non riusciva quasi a crederci che Jungkook avesse convinto Yoongi a sposarli.

Era consapevole del rischio, ma - poi in fondo - era un rischio che avrebbe corso, dolce e amaro allo stesso tempo.

Quando il minore, sprizzante di euforia, era rincasato per dargli la bella notizia, mostrava ancora un volto pallido che coi giorni aveva assunto gradi di colore sempre più rosei, fino a sentirsi meglio.

Il dottore aveva detto che era questione di settimane prima che guarisse, che la malattia compisse il suo decorso - e così fu.

Taehyung dopo notti ed altrettanti giorni di agonia si sentì meglio, rinacque grazie alle cure di Jungkook, ed era pronto.

Pronto per compiere quel passo, per varcare la soglia dell'altare che già anni prima aveva superato.

Questa volta lo avrebbe fatto spinto dalla passione, un matrimonio per amore - cosa rara per quei tempi.

La continua procrastinazione del fratello era un palese rimando del suo esilio, e di questo Taehyung ne era consapevole.

Ma non lo biasimava, non lo caricava di inutili pressioni.

Non aveva fretta di sposarlo, sebbene lo amasse più della sua stessa vita; non aveva fretta che partisse, voleva tenerlo con sé anche dopo le nozze.

Non c'era alcuna fretta, ormai Taehyung si era rimesso a pieno in salute, pur con qualche acciacco.

Lo tranquillizzava ogni volta che si presentava da lui.

"Kookie, cosa c'è? È da un'ora e più che stai percorrendo il corridoio impazzito. Cosa c'è?" era solito chiedergli.

"No... beh... in realtà... mancano un sacco di cose, Taehyung." il nervosismo spingeva Jungkook a chiamare il fratello per nome completo. "Non credo che sarà tutto pronto per la fine di questa settimana."

"Va bene, rimandiamo."

"Davvero? Ti va bene se rimandiamo di un'altra settimana?"

"Certo, mi fido di te e spero che mi porterai il momento più bello e perfetto di tutta la vita."

Jungkook stava per iniziare a cinguettare impazzito, ancora una volta.

Ma Taehyung gli catturò il volto con le sue mani grandi e morbide, poggiandovi le sue labbra.

Calò il silenzio per quel bacio.

"Kookie, siamo in pochi. Non credo che si lamenteranno se qualcosa è fuori posto. Non ne avranno nemmeno la possibilità, perché abbiamo richiesto loro la massima segretezza. Quindi - per favore - stai tranquillo. Sono certo che farai un lavoro fantastico."

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