XX.

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Spazzolava i lunghi capelli corvini davanti allo specchio della sua camera a Camden.

Le deboli luci delle candele scaldavano la stanza fredda. Liz si stava preparando per il ballo che insieme a suo marito aveva organizzato.

Ogni mese il visconte e la viscontessa Kim davano un ballo, occasione per il debutto in società di nuovi fanciulli e fanciulle.

Le feste a casa dei Kim cadevano sempre il primo sabato del mese. Era un appuntamento fisso per l'aristocrazia di Londra, un evento a cui i visconti avevano tutti gli occhi puntati addosso.

Per la settimana successiva non si parlava d'altro. I giornali di cronaca rosa erano fitti di tutti i pettegolezzi discussi in quell'occasione e le bocche delle gentil dame non chiacchieravano d'altro se non dei nuovi debutti in società.

I balli a casa dei Kim erano una vera e propria fiera delle vanità.

Per solito ne venivano organizzati dodici all'anno, ognuno con un tema diverso. Sei balli invernali e sei estivi. Quelli invernali vedevano sfilare abiti e pellicce, adatte al clima di stagione; quelli estivi erano i più importanti.

I debutti in società incominciavano ad aprile e - fino a settembre - Liz doveva sopportare quelle noiosissime feste che era costretta ad organizzare insieme alla suocera e Namjoon.

Sapeva benissimo che, come lei, il marito detestava quelle feste. Dopo il matrimonio era diventato un tipo quieto, assai lontano dall'agitazione giovanile che spaventava Liz.

La viscontessa era cosciente che quello sarebbe stato un matrimonio infelice, ma non si aspettava certo che sfociasse nella monotonia così in fretta.

Non amava Namjoon, ma le piaceva stare con lui. Spesso parlavano di libri, politica, attualità. Il cambiamento che aveva compiuto il ragazzo su sé stesso la seduceva, ma al contempo doveva sopportare tutta quella quotidianità grigia e noiosa.

A tale tortura si aggiungevano, inoltre, le incombenze date dai suoi doveri di aristocratica. Rimpiangeva di non essere nata povera, di non essere nata libera, svincolata da tutte quelle costrizioni sociali che la facevano sentire soffocata.

Sposare Namjoon non significava sfuggirvi; al contrario, comportava gettarvisi a capofitto, arrivando ad un punto di non ritorno.

Aveva sbagliato tutto. Si era piegata al volere della madre, pensando che tutto - presto o tardi - si sarebbe risolto, che lei e Namjoon avessero trovato un punto d'equilibrio, di stabilità.

Che avrebbero fatto un figlio quanto prima, per non lasciare incustodito il patrimonio dei Kim.

Si sbagliava.

Man mano che i giorni passavano, nemmeno viveva ostacoli con Namjoon, anzi questi si era rivelato essere profondamente diverso dalle aspettative.

Ed a Liz, tutta quella piattezza non piaceva. La distruggeva dal profondo.

Sentire un giorno uguale all'altro, soffocata dagli oneri e dalle convenzioni sociali, limitando gli incontri con le sue vere amicizie, sostituite con altre superficiali e di convenienza, cui era costretta.

Gli incontri nei salotti nobiliari erano pressoché insopportabili, quasi le veniva da piangere al pensiero di dover fingere una faccia allegra quando in realtà, dentro, moriva d'angoscia.

Non aveva il coraggio di rivelare a Namjoon di star vivendo in una prigione dorata.

Pensava di deluderlo, addirittura ferirlo.

Faceva di tutto per sua moglie, l'assecondava là dove ne avesse bisogno, tutte le attenzioni erano rivolte a lei, ma a Liz non bastava.

Nella disperata monotonia di un giorno di primavera, falciatrice di ogni emozione, aveva scritto una lettera al suo amico Yoongi.

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