XXXVI.

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L'alba sorgeva silente alle spalle di Taehyung.

Per quella notte non aveva chiuso occhio.

I pensieri riguardanti il duello lo avevano tenuto sveglio dal momento in cui si era coricato a quando era giunto il momento di alzarsi dal letto.

Aveva trascorso quelle otto ore con gli occhi spalancati verso il soffitto, rigirandosi costantemente da una parte all'altra del suo giaciglio fra le coperte attorcigliate e scomposte per la sua agitazione.

Non aveva preso sonno nemmeno per un attimo e, quando pareva che fosse arrivato il momento giusto, i suoi occhi si spalancavano, come se ripudiassero il piacere del dormire.

I pensieri lo tormentavano tanto da sottrarlo dalle braccia di Morfeo, arresosi davanti ad una così forte tensione.

Il principe Taehyung aveva scelto Namjoon come suo padrino, il quale gli aveva giurato solennemente di non andare a riferire niente di tutto ciò alla sorella e moglie, che - al primo sospetto - si sarebbe precipitata senza alcuna esitazione nel luogo del duello.

Il visconte, poco prima dell'alba, aveva provato l'arma da sparo di Taehyung al fine di assicurarsi che questa funzionasse senza alcun intoppo al momento del confronto finale.

Charlie, al contrario del principe, era giunto solo.

Presentarsi ad un duello senza un padrino andava contro le regole, ma per il marchese - un uomo che già aveva perso tutto, compresa la sua dignità - non valeva più la pena preoccuparsi di cosa fosse giusto o sbagliato, o anche di seguire una semplice etichetta.

Sapeva che quelle sarebbero state le sue ultime ore.

Qualsiasi arma avesse scelto Taehyung, che fosse la spada o la pistola, avrebbe perso.

Non era, infatti, né un ottimo spadaccino né sapeva adoperare con maestria le armi da fuoco così come il principe.

Si sentiva un fallito ancora una volta davanti a quell'uomo così impeccabile e perfetto, che lo avrebbe superato anche negli ultimi attimi del suo vivere.

Terminava così la sua esistenza.

Nessuna compagnia, nessun supporto in quello spiazzo fuori città dall'atmosfera solenne e purificatoria.

Appena vide Namjoon tirare fuori la pistola con il simbolo distintivo dei Jeon dal suo astuccio, capì che quella sarebbe stata il mezzo della sua atroce morte.

Un colpo secco al cuore o alla testa - andava bene così.

Non valeva la pena sentirsi secondo a qualcuno che non lo avrebbe mai degnato di considerazione.

Si assumeva la responsabilità delle sue conseguenze, avrebbe compiuto nuovamente quell'atto turpe su Jungkook senza un minimo d'esitazione o attesa.

Era la sua vendetta per come si era sentito messo da parte per tutta la vita nei confronti dell'altro, che non gli aveva dato il meritato affetto, e nei confronti di Taehyung, verso cui nutriva la più profonda delle gelosie.

Provarono le armi ed in quel frattanto giunse il principe in groppa al suo cavallo bianco, devastato per la sua notte insonne.

Si guardarono e nessuno dei due emise una parola.

Ognuno prese posto per cominciare quella inutile carneficina.

Taehyung aveva negato severamente a Jungkook di partecipare al duello.

Lo aveva salutato la sera precedente, prima di coricarsi.

Lo aveva riempito di baci e carezze.

Non avevano fatto l'amore, si erano solo concessi un momento per unire le loro due anime devastate.

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