Hermione fissò il monitor; i risultati delle sei ore di analisi che avevano condotto con il computer. Si accigliò. E siccome era così frustrata, lo scosse con un pugno.
La risata bassa di Malfoy era quasi impercettibile, ma lei lo sentì perché si trovava proprio accanto a lui, seduto su una sedia di fronte al computer. "Se le minacce non funzionano, potresti provare con la corruzione".
E tu sapresti tutto su questi metodi senza scrupoli, pensò. Si sforzò di non gettare un'occhiata alla lavagna alla loro sinistra, che conteneva un riepilogo degli appunti del D.R.A.C.O che lui aveva ceduto loro fino a quel momento. Era un processo lento che frustrava Kate McAlister ancor più di quanto non facesse Hermione. Questo aveva senso perché la McAlister era una virologa ed era un tipo di tortura speciale ricevere solo frammenti del Santo Graal, per così dire. Malfoy era di parola: altre pagine erano arrivate nell'ultima settimana e mezza, e finora le aveva scambiate con cose apparentemente insignificanti. E nonostante le terribili previsioni di Harry, nessuna di queste contrattazioni aveva coinvolto Hermione.
"Non ancora", avvertì Harry. "Diamo al bastardo un po' di tempo per riorganizzarsi".
Ma poi il D.R.A.C.O era stato temporaneamente messo fuori gioco quando la loro ultima partita aumentata di ReGen aveva cominciato a fallire. Data la percentuale di fallimenti, non era più opportuno continuare a testare i farmaci su Ron. Per questo Mercer aveva introdotto la tecnica SVM, che permetteva di eseguire modelli computerizzati delle varie permutazioni di ReGen per vedere come ognuna di esse si comportava contro un'infezione che mutava continuamente.
Hermione prese in mano il rapporto e si accigliò. "Perché continuiamo a ottenere risultati diversi? Stiamo almeno usando questa cosa in modo corretto?
"Fai controllare a Mercer", suggerì Malfoy. Il suo naso rotto era ormai completamente guarito, anche se da vicino si poteva ancora vedere l'ombra del terribile livido.
"No", disse Hermione, "Alec è in pausa in questo momento. Lascialo stare".
"Potrebbe essere un errore di input", suggerì Malfoy. Prese una tazza di quello che sapeva di brandy con una spruzzata di caffè.
"Hai preparato tu l'insieme dei dati".
Un'alzata di spalle. "Non sono infallibile".
"Davvero?" Le sue sopracciglia si alzarono. "Ti comporti come se lo fossi".
Malfoy le lanciò un'occhiata ironica che avrebbe potuto essere accattivante in qualsiasi altra persona. "Non sono da biasimare per la tua percezione errata di me".
Hermione era quasi certa che se avesse acceso un fiammifero, lo spazio tra loro sarebbe stato incendiato dall'alcol che aveva nell'alito. Non era ancora vicino all'ubriachezza, ma c'era il potenziale per farlo. Era stata una giornata lenta e frustrante.
E allora cosa facevi quando il tuo lavoro e la tua produttività stavano andando in picchiata e tu eri stato sveglio per trentasei ore di fila e l'ultima volta che avevi mangiato qualcosa era stato quando Neville Paciock ti aveva dato un pezzo di pane tostato e proprio in quel momento Draco Malfoy ti stava guardando come se fossi la scacchiera di una partita che stava giocando con un maestro?
"Dammelo", mormorò lei, prendendo la tazza dalle sue mani.
Hermione scolò il resto del suo contenuto corrosivo, ben consapevole che lui aveva girato la sedia per essere completamente rivolto verso di lei. Era in piedi tra le sue gambe mentre lui era seduto, disteso e rilassato. Non sorrideva più. C'era qualcosa della strana rabbia che lei aveva visto in lui durante la loro recente gita a Hogwarts. Non era rabbia verso di lei, di per sé. Sospettava piuttosto che fosse autodiretta. Sembrava che non gli piacesse un'intimità su cui non aveva il pieno controllo. Si chiese se, come lei, a volte dimenticasse se stesso quando erano insieme. Qualunque cosa fosse "se stesso"...
Queste riflessioni furono presto interrotte dal bruciore alla gola. "Maledizione", ansimò Hermione, con gli occhi che le lacrimavano.
Divertito, le prese la tazza. C'era silenzio. Era impossibile riportare l'attenzione sullo schermo del computer, non con il modo in cui lui la stava contemplando. "Cosa vorresti fare in questo momento, se potessi fare tutto quello che vuoi?"
Hermione si sentì subito agitata, e non aveva nulla a che fare con l'alcol. Detto da Malfoy, era come chiederle di nominare la sua canzone preferita. Scrutò il suo viso pallido e fu molto turbata nel trovarvi una genuina - oserebbe dire - curiosità amichevole? E un languore che sembrava stesse penetrando anche in lei. Doveva essere contenta che la sua apatia non fosse una condizione permanente. Ovviamente c'erano delle profondità in lui, e lei sembrava fissarne diversi strati in questo momento.
"Preferirei guardare i risultati che confermano che abbiamo sistemato definitivamente il ReGen", disse, rigidamente. Prese una pila di vecchi rapporti e si diresse verso la scrivania non occupata di Padma, a diversi metri di distanza. Era strano che la vicinanza non fosse mai un problema quando lavoravano. In tutti gli altri momenti, non riusciva a stare abbastanza lontana da lui.
"Non intendo quello che vuoi che accada in questo momento, in questa stanza, in questa realtà. Intendo dire che se tutto questo non fosse mai accaduto, cosa vorresti fare?", insistette lui.
Lei alzò le spalle. "Immagino che sarei tornata al Ministero a lavorare nel settore Ricerca e Sviluppo".
"È quello che facevi prima dell'infezione?"
"Sì". A volte era facile dimenticare che era stato fuori dal giro per anni.
"Ma era quello che volevi tu?"
Hermione aprì la bocca per dire di sì, ma poi si bloccò. Aveva sempre avuto l'attitudine alla ricerca, ma era davvero la sua vocazione? Era la sua missione? Santo cielo, non ci aveva mai pensato. Non c'era una vera e propria carriera alternativa, certamente non quando Voldemort era una minaccia. Il solo pensare a Voldemort rimetteva le cose in prospettiva.
"Alcuni di noi non hanno il lusso di avere delle opzioni quando i maghi oscuri e i loro seguaci idioti decidono di cercare di distruggere tutto".
Lui apparentemente non era d'accordo. "Oh, tu avevi delle opzioni. Tu sei nata babbana. Voldemort non faceva parte del mondo in cui sei venuta al mondo. Potevi andartene".
Questo la rese furiosa e inspiegabilmente delusa da lui. "Voldemort avrebbe finito per essere un problema di Babbani e Magici. O sei un illuso per non saperlo, o sei deliberatamente falso. E se pensi che avrei lasciato Ron e Harry a occuparsi di lui, allora non hai imparato nulla di me in queste settimane".
Si alzò e attraversò la stanza per raggiungerla. Come al solito, i vestiti che indossava erano stati presi in prestito: in questa occasione, jeans blu di Felix Wallen e una semplice maglietta nera. Era ironico come indossasse bene abiti che non gli donavano affatto. Ma in realtà non aveva nessuna idea di cosa si addicesse a Malfoy. Non gli abiti da cerimonia, a quanto sembrava. Non l'equipaggiamento da combattimento che aveva indossato per la missione in ospedale, né l'uniforme della prigione.
"Ho detto che avresti potuto andartene, non che l'avresti fatto", disse Malfoy, quando fu in piedi davanti a lei. "La mia conoscenza del significato di questa distinzione quando si tratta di te, Granger, dimostra quanto ti capisco".
Lei non rispose, ma fissò gli occhi su un punto della stanza.
Malfoy abbassò la testa. "Sei arrabbiata", concluse, con un suono quasi di ammonimento. "Perché?"
Hermione lo guardò negli occhi. "Perché quando sei così, mi fai dimenticare chi sei".
Ricordava la loro macabra conversazione in bagno, poco dopo il suo arrivo a Grimmauld Place. Sembravano passati anni dalla pericolosa tensione di quei primi, difficili giorni.
"Le persone cattive si trovano ovunque, se si ha voglia di cercare".
"Infatti. Ce n'è una proprio in questa stanza".
"Allora dimmi se ho la giusta misura di te, Granger. Ti preoccupi perché è nella tua natura farlo, e aiuti perché puoi".
"Perché devo farlo!" E Merlino, il risentimento nella sua voce la sconvolse. Quando finalmente trovò la temerarietà di guardarlo, lui la stava osservando con qualcosa di simile alla pietà.
"Deve essere assolutamente estenuante stare in quella tua testa", disse, sembrando esasperato per conto suo. Con suo grande disappunto, sollevò una mano e le scostò un ricciolo dietro l'orecchio. Era la seconda volta che la toccava in quel modo; la prima volta era stata durante la loro gita a Hogwarts. Le sue dita indugiarono intorno alla conchiglia dell'orecchio, facendo arrossare la pelle di lei dall'attaccatura dei capelli alla scollatura. "Anche adesso temi di essere egoista solo pensando che potresti esserlo".
Lei gli prese la mano e fu colta di sorpresa, ancora una volta, quando lui infilò le dita tra le sue. La cosa peggiore fu che lei lo lasciò fare. La sua mano più grande era calda e forte. Si rilassò, lasciando che lui si facesse carico di qualcosa di più del peso combinato delle loro mani. L'idea di condividere il suo fardello fu all'improvviso così dolorosamente deliziosa che lei ne fu momentaneamente sorpresa. Per la prima volta dopo tanto tempo, forse anni, si sentì tentata di esprimere un pensiero oscuro e vergognoso.
Forse non voglio più fare nulla di tutto questo?
L'idea era tabù. Pensare cose del genere era proibito e lei sarebbe morta prima di cedere a tale indulgenza. Eppure c'era qualcosa in Malfoy che le faceva desiderare di dirlo e basta.
Lui sembrava percepire quanto lei fosse vicina ad ammetterlo. "Lascia che ti chieda questo, allora: che cosa vuoi?"
Era sbagliato quanto velocemente le venisse in mente la risposta. Cominciava a sentire il pungente prurito delle lacrime, che si accompagnava al groppo di vergogna in gola. "Voglio non essere necessaria".
"Sì." Lui annuì. "Dividi il carico, Granger. Tu porti tutto e ti stai sgretolando sotto il peso. Sono in parti uguali sconcertato e stupito che una cosa così piccola e fragile possa essere durata così a lungo".
Questo la infastidì. Aveva già abbastanza pregiudizi da affrontare, essendo babbana e donna. "Sono tutt'altro che fragile".
La mano di lui scivolò sulla nuca, sotto il peso dei capelli. Usando il pollice e il medio, premette profondamente alla base del cuoio capelluto, massaggiando. Buon Dio, era una beatitudine. Gli occhi si chiusero e lei si disse che avrebbe dovuto allontanarsi ora... subito...
Oh, dannazione, era una bella sensazione.
"I tuoi punti di rottura sono fin troppo facili da riconoscere. Non saresti sopravvissuta una settimana tra le fila di Voldemort".
Nonostante fosse una follia offrirgli qualsiasi forma di incoraggiamento, non riuscì a trovare la forza di volontà per allontanarsi. La sua fronte cadde in avanti per permettergli di accedere meglio al collo. Sentì le sue labbra all'attaccatura dei capelli, sentì il suo respiro caldo lì. Cosa stava succedendo?
"Quali sono i tuoi punti di rottura?", gli chiese a sua volta. "In cosa siamo così diversi?"
"Sono pragmatico", disse lui. Poteva sentire il basso rimbombo della sua voce. "Flessibile".
"Io non lo sono?"
"Non come Scrimgeour e Richards. E tu non gli permetti nemmeno di fare il loro lavoro".
Hermione capì cosa stava dicendo e si allarmò abbastanza da alzare la testa e fissarlo. Lui non la lasciò andare. Sentì invece la mano di lui scivolare verso la spina dorsale, massaggiandola fino in fondo. Per settimane aveva osservato quelle stesse mani forti e dalle dita lunghe al lavoro: scrivere, battere a macchina, misurare, dispensare, somministrare. Era meticoloso, laborioso, sorprendentemente intelligente e intrinsecamente intuitivo quando si trattava di fare ricerca.
Possedeva tutte le qualità che lei ammirava, eppure era anche Draco Malfoy. Il mondo era impazzito, evidentemente. E perché no? Era sull'orlo dell'annientamento.
"Pensi che avrei dovuto lasciare che Richards ti torturasse per avere le informazioni?"
"È quello che avrei fatto io e non è troppo tardi per cambiare idea".
"Tu sei pazzo".
La mano sinistra di lui si era infilata nella mano destra di lei e la mano destra ora le stava accarezzando la guancia, inclinando il mento fino a incontrare la sua bocca. Malfoy la stava trattando come se fosse una porcellana pregiata, come se fosse fragile come lui sosteneva che fosse. Stava per baciarla, e questa volta non c'era stato alcun accordo riguardo al D.R.A.C.O. Si trattava solo di lui e di lei e, probabilmente, di troppo stress e troppo brandy a stomaco vuoto.
Gli allarmi suonarono alle postazioni di lavoro di Padma e Hermione. Non erano forti, ma erano urgenti.
La testa di Malfoy si alzò bruscamente. "Che cos'è?"
Hermione era già impallidita. "Ron!" disse, a mo' di spiegazione. Si precipitò al computer e cercò tra le numerose finestre del desktop finché non trovò quella che mostrava le letture dell'apparecchiatura che monitorava lo stato di Ron. "Strano. Non registrano nulla", disse, accigliata.
"Vuoi dire che..."
"No", rispose lei, sapendo cosa stava per suggerire. "Non indicano che è in pericolo". Lei sbatté le palpebre perplessa. "Sembra che sia stato scollegato da tutte le apparecchiature. Oppure c'è stata una specie di interruzione catastrofica dell'alimentazione. Vado giù a dare un'occhiata".
Hermione aprì in fretta il cassetto della scrivania per estrarre un kit medico e poi corse all'ingresso del laboratorio proprio mentre Honoria Cloot stava entrando.
"Oh, bene!" Esclamò Hermione, sollevata di vedere la Medistrega. "Dobbiamo andare di sotto da Ron! Lui è..."
"Imperio", disse Honoria.
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LOVE IN A TIME OF THE ZOMBIE APOCALYPSE (traduzione)
FanfictionDopo Voldemort, c'è stato questo. Il tempo stringe per creare una cura all'orrore inimmaginabile che attualmente attanaglia il mondo. Hermione si ritrova involontariamente alleata con l'uomo più odiato della Gran Bretagna magica. ATTENZIONE!!! Ques...