Si stende il telo ondeggiante,
come vele di una caravella
al vento che ti accarezza la chioma,
sul manto folto e verdeggiante.
Su di esso appoggiano
le tue natiche alte e sode,
coperte soltanto
da un leggero vestitino di seta
da cui si scorgono seni perfetti.
Bacia le tue labbra disegnate
il calice di vino rosso,
e placa le mie, così irrequiete,
come queste mani tremanti
che bramano di accarezzarti.
Attimi di imbarazzante silenzio,
forse dico anche cose stupide,
sei bella in ogni dettaglio,
ma sono i grandi occhi tuoi
a rapirmi con il loro taglio.
Intona un canto un uccello
e il gorgoglio di un ruscello
ci ipnotizza nel gioco di sguardi,
mentre le dita si sfiorano per caso,
poi con forza si stringono
appena le bocche si toccano.
Una scossa percorre i nostri corpi,
ma tu sei incerta perché
"metti che ci vede qualcuno",
tuttavia il posto è isolato
ed è oramai tardi per resistere
e non danzare abbracciati
e nudi in mezzo al verde.
Così la mia bocca avida
ti divora il lungo collo,
una mano tira giù la spallina
e ti afferra un bianco seno.
Mani impertinenti
scivolano sulle tue gambe
levandoti le mutandine
e la mia lingua impazzita
come un turbine esplora
gli anfratti più segreti
di un corpo fatto ad arte.
E tu, smarrita la timidezza,
ti insinui nei miei calzoni,
per sentire la fragilità
di ciò che mi rende uomo
e sentirtene padrona,
per poi condurmi dentro te.
Abbiamo danzato avvinghiati
al suono dei nostri gemiti
sul telo steso nel prato selvaggio,
e, consumato il piacere,
supini e tenendoci per mano,
contempliamo il cielo al crepuscolo,
il quale con labbra viola di nuvole
ci sussurra che si è fatto tardi.
Sulla porta di casa tua
ti chiedo se ci rivedremo
e tu abbozzi un mezzo sorriso,
un cenno di saluto con la mano,
e io capisco che per te
è stato solo un istante,
per me indimenticabile,
in cui ti sei fatta trascinare dagli eventi.
Non mi sceglierai
perché io sono un atipico,
sono uno strumento scordato
che suona rare melodie
che appaiono ai più stonate,
ed è ormai sbiadita
l'era dell'antica gloria.
Tu sei la mia Grande Bellezza
e io non so' portato per le cose belle,
come recitava la Ferilli.
Nel parallelepipedo cavo,
immobile e senza tempo,
che è la mia stanza,
sdraiato su di un letto
che mi culla come una bara,
al salpar del giorno
appare indistinguibile
il reale dall'immaginario.
Immediatamente ti scrivo di ieri:
nessuna risposta.
Pique-nique:
che sia stato soltanto un sogno,
un miraggio averti
anche solo per un giorno?
Io non vinco mai,
e questo è dannatamente reale.
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Poesia scritta per il contest "Cenerentola Ama La Notte" della CasadelleCivette dedicato a paroleemusica .