Su per i sentieri impervi
di fango, neve, foglie, incedo.
Ruvide cortecce accarezzo
e lisce rocce che mi sovrastano,
dissetandomi alle chiare acque
di tortuosi ruscelli
che tra le pietre mormorano
nel pacifico silenzio.
Ad un bastone appoggio
la lieta fatica,
unicamente macchiata
dal timore di smarrirsi
tra le biforcazioni
di arborei labirinti,
frizzante incertezza.
Alla punta rocciosa
del superbo monte
finalmente giungo,
con respiro intenso
di aria pura e leggera,
con la vista sedotta
da un mondo piccolo
quanto un presepe
che sembra appartenermi.
La vertigine si fa padrona
della mente che ritrova
il senso dell'equilibrio
_ splendido insight _,
il dono dell'umile semplicità
come una rivelazione,
l'indefinita normalità
come un ricordo che cura
tutte le sue patologie.
Ogni peso che sull'anima grava,
a valle è lasciato.
Sono solo in cima,
ma nulla mi manca.