Finisce qui per cause di forza maggiore, per ora o per sempre non mi è dato saperlo, la mia avventura da ricercatore scientifico.
La misura del mio tempo, un tempo che non percepivo scorrere nella mia immersione totale ma che è già passato.
Un terreno duro da seminare perché la natura è complicata e sorprendente; perché la gestione è da maratoneti per me che esplodo di creatività sui cento metri.
Infatti anche descrivere la realtà in termini formali è una forma d'arte e un lascito al progresso scientifico che porta il nostro nome e che ci sopravvive, piccolo o grande che sia il contributo.
Che quello che ho seminato possa ancora fiorire anche dopo questo termine ufficiale.
In memoria di questi anni.
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Poiché questa raccolta si intitola "Riflessi", riverberi della mia persona, ho dedicato due righe alla fine di questo capitolo della mia vita. Una fetta importante intrisa di passione, sacrificio, rinunce. Un percorso ricco di soddisfazioni ma anche di estenuanti attese per avere dei riconoscimenti ufficiali o per completare lavori in un caos a più riprese, di frustrazione per un corpo inchiodato ore ed ore dietro ad un foglio, una lavagna, un calcolatore. Una perenne sfida con cose più grandi me e per questo motivo ogni successo è una crescita, un riscontro che accresce la fiducia in sé stessi. Ma anche il fallimento insegna: l'umiltà in primis, il fatto che non siamo divinità onniscienti; in secondo luogo dietro ad un errore si nasconde la chiave per una verità più grande. Ho capito anche delle cose di me: che sono dannatamente ostinato, per cui fino a quando non trovo la soluzione ad un problema non esco dalla mia caverna. E su questo ci devo lavorare: non si può essere testardi in ogni aspetto della vita, bisogna anche accettare qualche piccola sconfitta e andare avanti. Ho ripreso gli studi anni dopo essermi laureato la prima volta perché eravamo in piena crisi finanziaria e faticavo a trovare lavoro e se lo trovavo durava poco. Ho deciso di reinventarmi, di riqualificarmi. A lezione capivo subito tutto, facevo domande interessanti che entusiasmavano i docenti, ma purtroppo non sono una persona costante a cui piace la performance d'esame. Tuttavia ho lottato contro me stesso, contro il sistema che non sempre premia l'iniziativa personale e contro il destino che mi ha giocato brutti scherzi per avere un riconoscimento proporzionale a quello che ritenevo fosse il mio valore. Mentre studiavo per la laura magistrale in fisica, ancora studente, ho pubblicato un lungo articolo di matematica. Inoltre mi dilettavo in piccole attività di ricerca per mia iniziativa che traducevo in saggi che si possono trovare online. Un giorno, mentre ero in piscina, invece di godermi il relax, mi interrogai se c'era una via alternativa per spiegare perché i corpi galleggiano basandomi su argomentazioni di minima energia, piuttosto che sul gradiente di pressione con cui di norma si spiega il principio di Archimede. Questo tanto per far capire quanto fossi impallinato. Mi capitò anche, studiando cibernetica, di scoprire che le reti neurali le avevo già formalizzate molto tempo prima, quando ancora ero all'oscuro di questo argomento, all'interno di un formalismo a più ampio respiro che tentava di unire linguaggio e numeri. Non fu un caso isolato e non dico questo per vanto, soltanto per mostrare quanto sia arduo essere completamente originali in questo campo, sebbene ogni autore apporti un contributo dato dalla sua interpretazione di un fenomeno arricchendolo attraverso la sua prospettiva. La cosa sorprendente è che a volte, in questo produrre casalingo, si usano i termini ufficiali che appartengono proprio al vocabolario matematico. Quando la mia passione era alle stelle, andavo a dormire con una questione in testa e mi svegliavo con la soluzione. A volte penso che si tratti di un dono. Ad ogni modo mi laureai con lode e ottenni delle borse di studio e degli assegni di ricerca. Purtroppo per il dottorato bisogna viaggiare, vivere lunghi periodi all'estero o trasferirsi del tutto, reggere molto bene lo stress, cosa che ad oggi mi riesce difficile purtroppo. Penso che avrei dovuto farlo qualche anno fa, quando ero più giovane e non soffrivo di certe magagne, quando avevo la mente più libera e aperta, quando avevo meno preoccupazioni. Principalmente per questa ragione la mia carriera ha avuto uno stop. Ogni cosa a suo tempo, ma il futuro è ignoto e mai dire mai per cui forse un giorno tornerò sui miei passi, se ne avrò l'occasione. Devo anche dire che l'esperienza universitaria e in totale ciò che è accaduto al di fuori hanno segnato una spaccatura. Sono una persona con la mente che viaggia ad alta velocità nei suoi picchi di creatività e questo mi fa consumare molta "benzina", soprattutto se la mia attività è precaria e ho fretta di lasciare un segno. Per questo motivo ho bisogno della massima coordinazione, di un lavoro in concerto per raggiungere un risultato, per concretizzare e fare così "rifornimento". Ecco, in questo senso mi aspettavo un percorso diverso, segnato dall'estremo e continuativo entusiasmo che mi contraddistingue quando amo qualcosa. Ma la realtà non è mai bella quanto il sogno, come dice Vasco, e i conti con la realtà bisogna farli. Io e la ricerca come l'ho vissuta viaggiamo su frequenze, non inconciliabili, ma diverse. Forse il problema sono io che ho il vizio di correre invece di camminare per arrivare più lontano, non saprei, ma obiettivamente certe cose andrebbero gestite in una maniera differente. O almeno, queste erano le mie aspettative. Relativamente pochi lavori sono stati ufficializzati rispetto al numero di report che ho scritto, ma spero che in futuro prossimo qualcuno li valorizzi ricordandosi di menzionarmi. Vedere il proprio nome appiccicato ad una teoria è una bella soddisfazione che non tutti i mestieri possono garantire. È come quello che pubblichiamo su WP: non importa se non siamo dei premi Nobel per la letteratura, ogni poesia o racconto è unico e non invecchia, porta la nostra firma e rimarrà "per sempre" a disposizione dei lettori. Sono una mente eclettica: se non ho i giusti riscontri, se non raccolgo in un tempo ragionevole quanto ho seminato, la mia tenacia svanisce, mi stufo e passo ad altro, al resto che ho in questi anni trascurato. Questo non significa che sia andata male: sono contento dei risultati che ho raggiunto, ho fatto quello che ho potuto, ho dato tutto relativamente alla mia situazione personale e lavorativa, per cui non ho nulla da recriminarmi. Ma ho bisogno di credere totalmente in quello che faccio per dare il massimo. Spero di non avervi tediato con questo scritto, ma lo faccio soprattutto per me stesso, per metabolizzare questa fine. Il cambiamento spaventa, soprattutto quando non ci si sente pronti per affrontarlo perché di fatto non lo si è, per cui vivo questa situazione con molta ansia. Un nuovo capitolo della mia vita mi attende con delle scure nubi all'orizzonte. Incrociamo le dita, se basta!Grazie a chi è arrivato alla fine di questo "Riflesso", magari qualcuno si specchierà in queste mie parole.
Buon settembre a tutti, il mese in cui si ricomincia...
A presto,
Andre