Un mutismo che sfiora la follia

59 16 14
                                    

Tessuto di suoni e simboli, ponte tra anima e mondo esterno, il linguaggio pennella i nostri pensieri dando loro una forma interpretabile e comprensibile, dunque comunicabile.
Comunicare è rendere comune a più soggetti idee, sensazioni, emozioni: avremmo sviluppato questa facoltà nelle ere dell'evoluzione naturale se per ipotesi fossimo stati soli sulla Terra?
D'altro canto esiste uno stretto legame tra linguaggio e follia: se è vero che quest'ultima parla un idioma fuori dall'ordinario, è anche vero che se non esistesse il linguaggio la follia non sarebbe definibile come da manuale.
Sarebbe forse possibile la diagnosi di un discorso delirante, che sia più o meno bizzarro ma comunque privo della dimensione del dubbio, senza il discorso stesso e quindi senza il linguaggio?
In senso più ampio, una condotta può risultare inconsulta proprio perché sconfina il nostro habitus, ovvero rompe quella sintassi fatta di norme sociali che ci permettono di interagire in tale contesto anche in maniera simbolica e non verbale.
Ma senza la parola, la follia rimarrebbe un mistero fatto di comportamenti strani.
Tornando quindi al linguaggio verbale ed estremizzando, possiamo immaginare che l'intelletto semplice possa permettersi di esprimersi in forma elementare, comunicando concetti basilari chiari come l'aurora.
Quello raffinato invece è costretto ad una forma più complessa per rappresentare la sua multiforme, intricata realtà interiore, profonda come l'oscuro oceano e al contempo così ricca di sfumature colorate.
Ma se il sempliciotto che tenta di elevarsi esprimendosi in maniera complessa, trasformando il sublime in grottesco, cade nel ridicolo, la personalità complessa che non dispone di elevate capacità espressive cade in un opprimente e frustrante silenzio.
Un mutismo che sfiora la follia.

Nel cielo di fuoco e nel mare serpentino si spande il mio grido: un urlo senza voce che solo io posso udire. Occhi sbarrati, mani al viso e narici che implorano aria: anche il mio corpo è deformato dall'angoscia, dal dolore, dal terrore. Soltanto la rettilinea geometria dell'artificiale sentiero e del suo corrimano che in compagnia percorro resta invariante. Gli egoisti, perbenisti e conformisti neurotipici cosiddetti amici che mi accompagnano non odono tale fragore, ma intuiscono la mia disperazione percependo appena un fastidioso ronzio, come quello di un frigorifero o di una radio non sintonizzata. Insensibili al mio profondo disagio, ma per loro stessi allarmati temendo la follia, si tirano indietro sbraitando indignati: "Polizia del Karma, arresta quest'uomo! Egli parla in matematichese!" *

*Breve prosa ispirata al celebre "Urlo" di Munch e a "Karma Police" degli Radiohead.

RIFLESSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora