Al suono delle campane,
delle campane Tibetane,
in una sorta di sonno sprofondo.
Galleggio nell'immenso,
nuoto in un mare profondo
che profuma di incenso.
In volo mi alzo verso il cielo blu,
oltre il dolore e la noia,
radente alla piramide Maya,
sempre più su.
Con lo stomaco in bocca
e il ventre che quasi la tocca,
arrivato in cima alzo la testa:
vermiglio tramonto e foresta.
Poi planando giù
termina il mio volo
schiantandomi al suolo.
Ma non è morte,
né pena che mi affligge.
Si aprono invece le porte
dell'essenza della materia:
ed è un vuoto che frigge
nel silenzio della Siberia.