Capitolo 37

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R O C H E L L E

In diciotto anni di vita, io, di come si vive, ci ho capito molto poco.

L'ho sempre fatto per inerzia.

Mi sono lasciata trascinare e travolgere dalla successione di eventi che si abbattevano su di me e, ogni volta che sono stata me stessa, senza filtri o limitazioni, ho ricevuto batoste su batoste che mi hanno ricordato di dover essere più fredda, più diffidente, più cattiva.

Meno umana.

Ma ora che ne ho preso consapevolezza, mi chiedo se io abbia mai vissuto davvero, o se ho permesso alla vita di farmi credere di averlo fatto.

Scegliere tra conformarsi alle aspettative della società o abbracciare la propria autenticità con il rischio di essere isolati e traditi, è vita?

Beh, io ho provato a fare tutt'e due le cose, e l'ho sempre preso nel culo, in entrambi i casi.

"Puoi dire di aver vissuto davvero solo se sei stata te stessa."

Stronzate.

La verità è che la vita è solo un ammasso di esperienze; anzi, è un'esperienza, e non tutti sono destinati a vivere esperienze belle.

Ho vissuto? Sì.
Una vita di merda.

Forse questa è la risposta corretta.
Forse...

"In un'altra vita."

Da quando la professoressa Morel ha detto questa frase, non sono riuscita a pensare ad altro.

In verità per me è sempre stato un pallino fisso, o meglio, un tormento, pensare a come sarebbe stata la mia vita senza tutte queste complicazioni che ogni giorno mi soffocano.

È un'agonia che si concentra interamente in una singola domanda:

Perché non in questa vita?

Ogni giorno, quando mi sveglio, la prima cosa a cui penso è perché proprio io dovevo nascere malata? Perché proprio io dovevo perdere mia madre? Perché proprio io dovevo crescere in un ambiente scolastico tossico, circondarmi di persone crudeli?

Perché proprio io, quando avevo pensato di aver finalmente trovato la felicità e il mio equilibrio, ho perso di nuovo tutto?

Perché proprio io non merito di essere felice?

𝙃𝙖𝙘𝙠𝙚𝙙 𝙝𝙚𝙖𝙧𝙩Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora