26- Thantophobia.

133 27 234
                                    

Thantophobia: (n.) the phobia of losing someone you love.

── ⋆⋅ ⋅⋆ ──
Julian.

«Ti avverto, Julian: questa è l'ultima volta che ti faccio un favore simile».

«L'hai detto anche l'anno scorso, però eccoti qui» evitai di ridere solo perché conoscevo abbastanza la personalità irascibile e permalosa dell'avvocato dall'altro capo del telefono, proprio l'avvocato della famiglia Kelly.
«E comunque, non parlare come se ti stessi chiedendo di corrompere il giudice: ti ho solo proposto di fare qualcosa per rimandare la prossima udienza» alzai le spalle, osservando le strade affollate dal finestrino della mia auto.

«Prima o poi mi farò sospendere dall'Ordine degli Avvocati per colpa tua, dopo dieci anni di carriera» lamentò ancora.

«Quarantacinque anni di vita e dieci di carriera, davvero ammirevole, di solito sono pochi quelli che riescono a diventare avvocati prima dei trentasette anni» risposi, alimentando il suo ego.

«Sì, e sto davvero accontentando un tuo capriccio».

«Non è un mio capriccio, sto facendo di tutto per portare a galla la verità, Josh» gli ricordai, questa volta seriamente e senza un briciolo di sarcasmo nella mia voce. «Non pensare che questa situazione non mi stia facendo girare le palle, sto facendo il possibile».

«Vero, sono quasi due settimane che vive come se avesse un cactus infilato su per il culo» Andrew, al mio fianco, parlò. Lo incenerii con lo sguardo e lui, in risposta, alzò le spalle e continuò a guidare. «È la verità» sussurrò ancora.

«Non è questo il problema, Madd» sbuffò l'avvocato. «Il problema è che ogni volta si tratta di tue ipotesi, tue teorie... Capisci cosa intendo? Potrebbero rivelarsi non vere una volta verificate e, a quel punto, io mi troverò nelle solite discussioni scomode con la Corte».

«Quante volte mi sono sbagliato?» non rispose. «Sono serio, quante volte i miei dubbi si sono rivelati fasulli?»

«Mi duole ammetterlo, ma zero».

«Allora fidati di me, avvocato» sorrisi soddisfatto. «Chiamami quando hai notizie, non inviarmi mail ché ho la casella intasata».

Mi mandò a quel paese poco affettuosamente e concluse la chiamata con un sospiro stanco e rassegnato. Mi rivolsi al mio migliore amico con uno sguardo carico di frustrazione, tanto intenso che i suoi occhi prudentemente evitarono i miei.

«Per tua informazione: non ho nessun cactus nel culo» sibilai.

«Allora, hai un carciofo?»

«Giuro che ti salto addosso e ti cavo gli occhi» minacciai, ma lui ne fu particolarmente divertito. «Anzi, potrei tagliarti la lingua».

«Non essere violento, Kristen ci tiene sia ai miei occhi sia alla mia lingua» rise di gusto. «E non puoi neanche darmi torto, nelle ultime due settimane sei stato un fascio di nervi e non ti si poteva dire niente; mi spieghi che diavolo succede? Guarda che sono preoccupato per te».

«Lavoro».

«Questo l'avevo capito» alzò gli occhi al cielo, seccato dalle mie risposte vuote. «Quindi? Che succede? Perché sei così insoddisfatto e frustrato?»

𝑴𝑰𝒁𝑷𝑨𝑯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora