50- Memento mori.

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Memento mori: (phr.) "remember that you will die";a reminder of mortality or the inevitable transformation of life into death.

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Lilith.

«Gerard, che succede?»

«Niente, sto bene».

«Non raccontarmi stronzate, è con me che stai parlando» lo rimproverai.

Eravamo nella capitale spagnola, in piena estate. Sebbene fossi uscita dal giro già da un anno, accettai di andare con loro.
Non solo per fare compagnia ai ragazzi, ma per garantire che nessuno degli uomini di Max toccasse Trevor. O meglio, ero lì per assicurarmi che Trevor non combinasse qualche cazzata.

Dopo l'ennesima minaccia rivolta ai suoi fratelli, Trevor era diventato ingestibile. Approfittava di ogni occasione per provocare Max ed Eddy. Quando c'ero io, riusciva a trattenersi... più o meno.

Ma in quel momento la mia preoccupazione era rivolta a Gerard, chiuso nella sua stanza d'albergo. La condivideva con Lauren, che era andata in piscina con gli altri. Gli unici rimasti in quell'hotel a quattro stelle eravamo io, lui e Foster.

Era passata l'ora di pranzo e il biondo non aveva messo piede fuori dalla camera da almeno cinque ore. Probabilmente, da quando ci eravamo svegliati quella mattina.

«Apri la porta, Gerard, per favore».

«Se ti faccio entrare e ti racconto tutto, promettimi di non fare cazzate».

«Ho un certo autocontrollo».

«Sai che cosa intendo, Lilith».

«Apri e basta».

Eseguì ciò che avevo chiesto, la porta si aprì lentamente e mi lasciò entrare.

Le tende erano tirate, bloccando i caldi raggi del sole che non riuscivano a penetrare il tessuto spesso. Se non fosse stato per l'aria fredda del condizionatore, Gerard avrebbe rischiato di soffocare tra il caldo e l'umidità.

Chiuse la porta con un gesto lento, poi tornò a sedersi sul letto, le mani tremanti.

«Che succede? Cosa ti hanno fatto?» non rispose, tenne gli occhi fissi sul pavimento. «Sto parlando con te. Ti hanno fatto qualcosa?»

«No, non a me».

«Ai ragazzi? Nick? Blair?»

«No».

«Sembri sconvolto».

«Brandon è morto».

Mi si gelò il sangue nelle vene. «Brandon Lincoln? L'uomo di cui Max parlava negli ultimi mesi?»

«Sì, è morto» deglutì. «L'ho sentito mentre parlava con Eddy, alcuni uomini gli hanno dato la notizia da Londra».

Le sue mani continuavano a tremare, nonostante cercasse di tenerle ferme appoggiate alle ginocchia. Ciocche lisce e bionde gli scivolarono davanti agli occhi, mentre tirava su col naso, cercando di trattenere le lacrime.

Mi abbassai sulle ginocchia davanti a lui, posando delicatamente i palmi delle mani sulle sue nocche, nel tentativo di confortarlo.

«Credo si sia suicidato in un incidente d'auto, così ho sentito» spiegò con voce rotta. «So che voleva uscire dal giro come hai fatto tu. Non era una brava persona e magari meritava questa fine, ma l'idea che ci siano andate di mezzo altre persone è... terrificante».

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