36- Opia.

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Opia: (n.) the ambiguous intensity of looking someone in the eye, which can feel simultaneously invasive and vulnerable.

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Julian.

Rose adagiò la borsa sul tavolo e si avvicinò a noi con cautela, come se stesse per addentrarsi in un territorio pericoloso. Io e Lilith continuavamo a fissarci intensamente. La rossa simulò un colpo di tosse, ma non riuscì a interrompere quel gioco di sguardi.

«Scusate, non volevo interrompervi» disse, portandosi una mano tra i capelli mossi. «Vi lascio soli e vado a-».

«Non hai interrotto niente» parlò Lilith, guardandomi negli occhi con tutto lo sdegno che aveva in corpo. «Julian stava andando via» dichiarò fintamente, anche se io non avevo aperto bocca. «E io vado a fare una doccia».

Mi superò senza degnare di uno sguardo la sua amica, preferendo camminare via a testa bassa fino a sparire dalla nostra visuale. Sentii la porta del bagno chiudersi violentemente, e i miei occhi rimasero fissi su un bicchiere vuoto abbandonato sul davanzale della finestra. Mi sentivo un po' come lui, e non sapevo se fosse più patetico rivedermi in uno stupido bicchiere o la sensazione di vuoto che provavo ogni volta che Lilith scappava via.

Sospirai pesantemente e rivolsi un sorriso stanco alla ragazza dagli occhi chiari e la pelle lentigginosa per salutarla. Sconfitto per l'ennesima volta, mi avviai verso l'ingresso. Sentii la mano di Rose afferrare con gentilezza il mio braccio; mi fermai, voltandomi nella sua direzione.

«Va tutto bene?» domandò preoccupata.

«Non lo so» scrollai le spalle. «Va tutto bene?»

Era così evidente che non stessimo parlando di noi che mi venne quasi da ridere. Lei mi chiedeva velatamente se fosse successo qualcosa a Lilith e io, a mia volta, le stavo domandando se avesse notato qualcosa di strano. In risposta, sorrise malinconica e con un cenno del capo indicò il loro vecchio divano a qualche metro da noi.

«Posso offrirti un po' di gelato?»

«Del gelato?» chiesi perplesso.

Era quasi ora di cena, e la sua migliore amica mi aveva praticamente invitato ad andarmene. Lei, invece, con la salopette di jeans, la maglietta gialla, il cerchietto coordinato e le guance arrossate dal caldo, mi stava offrendo del gelato. La situazione era paradossale, forse proprio per questo motivo annuii e accettai la proposta.

Mi sedetti, aspettando che Rose mi raggiungesse con una vaschetta di gelato ai quattro gusti, due tazze e dei cucchiai. La osservai nei suoi movimenti e non potei trattenere una risata quando la vidi lottare contro la confezione, disperata nel tentativo di aprirla.

«Serve una mano?»

«Assolutamente no!» esclamò. «Che gusti preferisci? Ci sono nocciola, pistacchio, fragola e cioccolato».

«Pistacchio e nocciola andranno bene».

«Che abbinamento orrendo» commentò sorridente ed esultò quando riuscì ad aprire la vaschetta. «Comunque, ti offro del gelato perché fa un caldo assurdo e questo può rinfrescare. E perché il gelato mette buon umore».

La lasciai fare e presi la tazza colma di gelato, iniziando a gustarlo lentamente. Rose scelse il gusto fragola e pistacchio e, dopo averlo inserito nella sua tazza, corse a riporre la vaschetta nel freezer prima di unirsi a me.

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