41- Enkrateia.

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Enkrateia: (n.) power over yourself, power over your passions and instincts, self-control and self-mastery.

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Julian.

Dannata festa, dannato il mio conto in banca e maledetta villa nel Dorset. Maledetti compleanni, maledetti vestiti corti e aderenti, maledetto il nero del suo abito e il rosso del gloss sulle sue labbra.

Dannato me e il giorno in cui iniziai a guardare Lilith Andersen da una prospettiva ben lontana dall'amicizia.

«J-Julian? Va tutto bene?» domandò Blair, portandosi alla bocca una tartina.

«Certo» e invece no, avrei voluto dirle che la sua amica era una calamita e io ne ero incredibilmente, estremamente e follemente attratto. «Dicevamo?»

«Mi hai chiesto perché ho una macchina fotografica nella borsa».

«Ah, giusto» scossi lievemente il capo nell'inutile tentativo di eliminare i pensieri poco casti nella mia testa e rivolsi uno sguardo alla mora, distogliendo gli occhi dalla sirena che continuava a bere. «Ma non devi rispondere per forza, sembri sempre molto a disagio quando ci sono io nei dintorni».

«Non è colpa tua... Voglio dire, non sono molto...» lasciò la frase a metà e arrossì.

«Intraprendente con le persone» terminai io, e lei annuì. «Lo avevo capito».

«E non mi piacciono i poliziotti» si schiarì la voce con un finto colpo di tosse e osservò il prato verde con discreto interesse. «Se per oggi non fai il poliziotto, posso rispondere».

«Non sono un poliziotto, più o meno» ridacchiai. «Non piacciono neanche a me, e io non piaccio a loro».

«Perché?»

«Perché hanno metodi diversi dai miei» le sorrisi.

Blair Allan era curiosa, lo leggevo nei suoi occhi grandi che mi scrutavano con attenzione. Mi dava l'impressione di una ragazza di ventiquattro anni che conosceva poco del mondo, e quel poco era la parte più oscura e malvagia. Ma erano solo supposizioni, e avevo promesso a Kristen e Andrew che, almeno per quelle ore, avrei messo da parte il mio ruolo lavorativo.

Bevvi un sorso di birra e mi costrinsi a tenere lo sguardo su Blair, ignorando la sensazione di essere osservato da iridi scure che sembravano bruciarmi la pelle sotto la camicia. Non avevo bisogno di voltarmi per sapere di chi si trattasse; avrei riconosciuto quella donna anche a occhi chiusi.

«Mi odiano anche gli avvocati, sai?» proseguii.

Pensai che per mettere a suo agio una persona tesa e ansiosa come Blair, la mossa giusta sarebbe stata espormi per primo. Così le avrei dimostrato che, in quel momento, non avevo intenzione di interrogarla su niente e nessuno. O meglio, mi sarebbe piaciuto, ma i miei due migliori amici mi avrebbero sbattuto fuori, nonostante quel posto fosse di mia proprietà.

«Oh, anche i parenti di mio padre mi odiano».

«Sono dei detective anche loro?»

«No, sono tutti medici».

«Anche tuo padre?» si sistemò i pantaloncini di jeans e incrociò le gambe sul divanetto. «E tua madre?»

«Mio padre ha un'agenzia immobiliare e mia madre è un'interior designer» spiegai.

«E perché i parenti di tuo padre ti odiano?»

«Perché odiano il mio lavoro e la mia posizione» alzai le spalle. «Non che mi interessi, comunque».

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