14- Querencia.

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Querencia: (n.) a place where one's strength is drawn, where one feels at home; the self where you are your most authentic self.

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Lilith.

«Il tuo quadro clinico è piuttosto chiaro, Lilith: C-PTSD» mormorò la donna dai capelli ondulati, seduta sulla poltrona gialla di fronte a me. «Disturbo da stress post-traumatico complesso».

La guardai con occhi assenti, non ero davvero interessata a ciò che mi stava dicendo. Era la quarta volta che le sentivo ripetere la mia diagnosi in due mesi di terapia; mi sembrava solo un'immensa perdita di tempo. Non puoi aiutare una persona che non vuole essere aiutata, non puoi salvare qualcuno che vuole solo lasciarsi andare e sprofondare. Continuò a parlare, io tenni le iridi scure su un punto indefinito sulla parete spoglia alle sue spalle, cercando di evadere da quel momento.

Avevo l'impulso di domandarle della sua sicurezza, mettendo in dubbio le sue competenze di psichiatra, ma sarebbe stato maleducato e avrei rischiato di ascoltare nuovamente la litania dei sette criteri diagnostici del disturbo, che ormai conoscevo a memoria. La disregolazione emotiva era palpabile, accompagnata da comportamenti autolesivi; si facevano strada gli stati dissociativi e la percezione distorta della mia persona, l'incapacità di fidarmi degli altri, la visione negativa di me stessa, la disperazione e la sensazione di essere irrimediabilmente sola; c'era l'idealizzazione di chi mi aveva ferito, la somatizzazione, il peso del senso di colpa e dell'impotenza; l'evitamento di ricordi e pensieri, l'ipervigilanza e la costante rivisitazione degli eventi attraverso memorie vivide e intrusive e incubi. Tutti quei sintomi erano presenti.

«Non guarirò mai» bofonchiai. «Lei sta perdendo tempo».

«Lilith... non è vero, non è così».

Lei si alzò dalla poltroncina, si diresse verso la sua scrivania e io feci altrettanto, seguendola e prendendo posto sulla sedia dall'altra parte. La osservai tirare fuori la sua agenda rossa, estrarre dalla tasca del camice la sua penna nera e iniziare a scrivere data e orario per il prossimo appuntamento

«Non verrò, dottoressa» la sua mano si fermò e smise di scrivere. «Non verrò, non posso guarire».

«Hai diciannove anni, Lilith» mi guardò con i suoi occhi azzurri, chiari come il cielo limpido o le acque di un mare cristallino che brillano alla luce del sole. «Puoi guarire, te lo assicuro. Il percorso è difficile e prevede tre fasi, ma tu puoi farcela. Io credo in te».

Lei credeva in me e lo sapevo. Erano due mesi che cercava in tutti i modi di creare un rapporto di fiducia tra noi, di farmi parlare e capire cosa fosse successo davvero. Le spiegai tutto in modo superficiale in quattro sedute, riuscì finalmente ad avere un quadro completo e una diagnosi certa. Dopo ciò, toccava decidere se fosse il caso di portarmi in un centro di salute mentale o iniziare una terapia con lei. Tuttavia, non avevo né il tempo né la forza di iniziare un percorso del genere. Non ce l'avrei mai fatta.

«Mi dia qualche farmaco» biascicai.

«Posso solo darti farmaci per farti dormire tranquilla e per calmare le crisi di panico, non posso darti altro».

«Invece può».

«I farmaci non ti guariranno, Lilith» disse dura.

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