58- Ya'aburnee.

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Ya'aburnee: (n.) lit. "you bury me"; the hope that you will die before your love because you cannot live without them.

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Julian.

«Quindi, è una settimana che non la vedete?»

«Quasi due, in realtà».

«L'avete almeno sentita?»

«Sì, certo che sì» sospirò Gerard dall'altro capo del telefono. «È di poche parole, ma ha quell'aria tranquilla e serena che...»

«Che non siete abituati a vederle? Sì, ho presente» abbassai gli occhi sulle mie scarpe. «In questi giorni siamo stati insieme, mi è sembrato di vederla particolarmente contenta. Non saprei, decifrare le emozioni di Lilith è complesso, sono alterate dal suo disturbo».

«Lo so, ma devi credermi, Julian» insistette. «Sta succedendo qualcosa, io me lo sento».

«Vi ha detto qualcosa?»

«Ha dato via dei libri, so che vuole licenziarsi e lasciare il lavoro da babysitter, mi ha chiesto di sostituirla».

«Solo questo? Nient'altro?»

«C'è dell'altro, ma non posso parlarne in chiamata. Puoi tenerla d'occhio, per favore? L'ultima volta che l'ho vista dare via qualcosa di suo è finita male, molto male».

«Ispettore detective, il capo ispettore Stanford è qui».

La voce di un poliziotto, un nuovo arrivato, mi fece alzare lo sguardo. Lo ringraziai con un sorriso cordiale e, con un cenno del capo, gli comunicai che avevo capito. Mi misi in piedi, abbandonando quella scomoda sedia di plastica.

«Appena finisco di lavorare, ti richiamo. Ci organizziamo, passo da te e ne parliamo di persona, d'accordo? So che qualcosa non va, me lo sento nelle viscere, ma ho l'impressione che la situazione richieda più delicatezza di quanto mi aspettassi».

«D'accordo, ma è meglio se mi faccio sentire io. Se chiami mentre sono con Max, potrei finire nei casini».

Mi morsi la lingua per evitare di fargli notare che nei casini c'eravamo già tutti. Mi limitai a salutarlo e a chiudere la chiamata. Infilai il cellulare nella tasca dei pantaloni, sistemai il distintivo e bussai alla porta dell'ufficio di Harold, appena arrivato.

«Avanti».

Aprii con lentezza, quasi volessi rimandare il momento della ramanzina. A dire il vero, non avevo idea del perché fossi lì.

Mi aveva chiamato da quello stesso ufficio la sera prima, mentre ero occupato a mangiare un'intera ciotola di insalata, ancora in accappatoio e con i muscoli indolenziti dall'allenamento.

Non mi diede molte spiegazioni, dicendo solo che aveva delle comunicazioni importanti da darmi.

Inutile dire che quella notte non chiusi occhio; persino passare l'intera nottata al telefono con Lilith non mi aiutò a prendere sonno.

La mattina, in macchina, stilai mentalmente una lista dei possibili motivi per cui mi avesse convocato nel suo studio con così poco preavviso.

L'opzione su cui speravo era quella di un semplice richiamo per il ritardo di quindici minuti nella consegna di alcuni documenti importanti.

L'ipotesi che mi spaventava di più, invece, era che volesse comunicarmi ufficialmente il mio allontanamento e spiegarmi quando recarmi dal Commissario per riconsegnare il distintivo.

«Accomodati, non rimanere lì impalato» ridacchiò, vedendomi ancora in piedi sotto l'arcata.

«È successo qualcosa?»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 15 ⏰

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