42- Paroxysm.

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Paroxysm: (n.) a sudden outburst of emotion.

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Lilith.

Le sottili gocce di pioggia bagnavano l'asfalto; un po', pioveva anche nel mio cuore. Percepivo quelle nubi grigie alte nel cielo, sentivo quell'umidità mista allo smog del centro città. Avvertivo quel senso di pentimento che da due giorni mi stringeva la gola e mi costringeva a ignorare l'unica persona che mi avesse mai fatto del bene.

Se non fosse stato per l'arrivo di Trevor, probabilmente avrei detto troppo e avrei messo a rischio la sicurezza di tutti, persino quella di Julian. Ma il mio amico non mi rimproverò perché sapeva quanto fossi ancora scossa; non disse nulla nemmeno quando, il mattino dopo, ci allontanammo salutando solo Andrew e Kristen.

Liam non aveva detto nulla di male, limitandosi a parlarmi di sua sorella e della Compagnia di Teatro di cui faceva parte.

Tuttavia, il mio cervello era diventato intollerante a quell'argomento e non riuscivo a sentirne parlare senza ricadere in un buco di ricordi dolorosi, nella memoria di quegli occhi e di quelle mani che mi avevano carezzato la pelle e violentato l'anima.

«Non so di cosa voglia parlarci, probabilmente delle segnalazioni che hanno ricevuto» parlò Gerard.

«Segnalazioni?»

«Sì, della gara di ieri sera».

Era un martedì pomeriggio, appena terminato il mio turno da Vera, mi trovavo in macchina con Gerard e Trevor. Trevor guidava con decisione verso Westminster. Blair ci aveva convocati tutti e sei, e il tono urgente della sua voce al telefono non mi lasciò scelta.

Le parole di Gerard mi tirarono fuori dal mio stato di assopimento e scagliai uno sguardo indignato verso il ragazzo al volante, che non sembrò notarlo data la sua concentrazione sulla strada.

«Gara di auto o di moto?»

«La prima».

«Hai ricominciato?» nascosi un velo di delusione nel tono di voce, perché non volevo che si sentisse in colpa per quello che era costretto a fare.

«Non di mia volontà» le sue nocche si strinsero attorno il volante. «Non ho avuto molta scelta. Anche Nick ha avuto due incontri di boxe in una sola serata, non succedeva da un po'».

«Ultimamente trovo che Max sia strano» constatò il biondo.

«Che novità» sospirò l'altro.

«Non sto scherzando, nell'ultimo periodo mi chiama anche per le informazioni più stupide e irrilevanti. Mi sento le sue catene al collo» mormorò. «Non saprei... Anche questa convocazione improvvisa, che bisogno c'è?»

«Non è la prima volta».

«Ma dopo cinque anni ha richiesto espressamente la presenza di Lilith» evidenziò.

«Basta» sospirai io, interrompendo la loro conversazione. «Non parliamone fin quando non arriviamo lì, non lo tollero».

Così, i due rimasero in silenzio e ripresero a parlare dopo qualche minuto di argomenti che non catturarono la mia attenzione. Appoggiai la testa contro il finestrino, osservando le gocce di pioggia scorrere lentamente lungo il vetro, mentre la mia mente si svuotava, incapace di elaborare pensieri.

Non volevo essere lì.

Seduta nell'abitacolo, non desideravo vedere né sentire nulla. Avrei persino pregato affinché il traffico diventasse insostenibile, prolungando il viaggio all'infinito. Ma poi, l'auto di Trevor svoltò su Bolton Street e l'edificio residenziale si materializzò davanti ai miei occhi.

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