54- Lacuna.

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Lacuna: (n.) a blank space, a missing part.

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Julian.

L'orologio Pasha di Cartier che portava al polso, un pezzo da circa diecimila sterline, probabilmente non era nemmeno il più prezioso nella sua collezione.
L'abito di Dior che fasciava la sua muscolatura in modo impeccabile ne valeva almeno cinquemila.

Quando entrò nell'ufficio, lasciò una scia di profumo dietro di sé.

I capelli, biondi con qualche accenno di grigio, erano tirati indietro con una quantità discreta di gel, ordinati ma senza eccessi.

Si accomodò con eleganza, posando la giacca sullo schienale della sedia e, con gesti misurati, sbottonò i gemelli della camicia per arrotolarsi le maniche.

Ogni suo movimento sembrava studiato, pareva che il controllo fosse parte naturale del suo essere.

Aveva un fascino indiscutibile, e i suoi cinquant'anni sembravano scivolare via senza lasciare troppi segni sul suo corpo, a parte qualche ruga sottile sul viso e il grigio che iniziava a insinuarsi alla radice di alcune ciocche.

Era difficile immaginare che non avesse una moglie o una compagna.

Lui camminava, e io avevo notavo più volte gli sguardi delle donne del piano seguirlo con evidente ammirazione, quasi sbavando mentre lui, ignaro o semplicemente disinteressato, avanzava con quella calma disinvoltura che lo contraddistingueva.

«Non sapevo che i nostri uffici fossero così vicini, detective Madd. Solo a qualche passo di distanza, due edifici più avanti».

«Grazie per aver accettato la mia richiesta, signor Foster» risposi gelido.

Sorrisi alla mia segretaria mentre ci posava davanti due tazzine di caffè, ringraziandola con cortesia. Nella mia mente pregavo che avesse avuto la brillante idea di versare una generosa dose di veleno per topi nella tazza di Maxwell.

Ma osservandolo mentre iniziava a sorseggiare tranquillamente, capii con rassegnazione che non avrei avuto la fortuna di vederlo accasciarsi davanti a me, evitandomi metà delle fatiche che mi attendevano.

«Mi domando perché lei abbia voluto che questo colloquio si tenesse direttamente nel suo ufficio, e non nel mio».

Perché voglio testare le tue capacità e capire come te la cavi in un ambiente che non conosci, testa di cazzo.

«Nessun motivo in particolare. Dopo di lei ho l'agenda piena; non sarei riuscito a tornare in tempo, se fossi venuto da lei» spiegai brevemente.

Odiavo le bugie, ma d'improvviso raccontargli balle guardandolo negli occhi divenne il mio passatempo preferito.

Sapeva manipolare e ci ero già cascato la prima volta; non glielo avrei permesso di nuovo.

«Me ne rendo conto, anch'io sono molto impegnato» affermò, mentre analizzava l'ambiente circostante, e si fissò proprio sulle certificazioni appese alla parete sulla destra. «Eppure, ho trovato il tempo di venire qui da lei. Ero proprio curioso di capire cosa volesse da me il detective Julian Madd».

«Sicuro che lei non ne abbia proprio idea?» pronunciai, allontanando la tazzina dalle labbra. «Perché vede, io credo ci siano almeno una decina di motivi validi per convocarla».

«Mhh, mi faccia pensare...» sorrise sornione, massaggiandosi la mascella. «Il caso Kelly? No, quello è ormai chiuso. La sparatoria a quel ristorante? Nah, la lista è falsa, io e il mio fedele collega non eravamo presenti».

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