31- Cacoethes.

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Cacoethes: (n.) an irresistible urge to do something inadvisable or harmful.

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Lilith.

Il calore del sole filtrava attraverso la finestra, evidenziando l'assenza di Julian al mio fianco. Le lenzuola disfatte all'estremità del letto e il cuscino solitario erano indizi del suo risveglio anticipato. Non sapevo dire l'ora esatta, ma la luminosità del giorno era già ben presente nella stanza. Dopo essermi strofinata gli occhi e aver fatto una languida stiracchiata, mi accasciai sul suo lato del letto.

Distesa su un fianco, contemplai con scarsa convinzione le ante specchiate dell'armadio, riflettendo sull'outfit che indossavo, decisamente poco lusinghiero: una maglietta grigia a maniche corte, troppo ampia per me, e dei pantaloncini palesemente rubati dal guardaroba di Julian dai tempi delle scuole superiori, riservati agli allenamenti di basket. Il mio volto rifletteva una stanchezza evidente, ma un sorriso imbarazzato si era impiantato sulle labbra, come se volesse restare lì a dispetto delle circostanze.

Non avevamo consumato alcun atto sessuale, non ci eravamo neanche sfiorati in quel modo, e a entrambi andava bene così. Ci addormentammo tra baci e carezze, senza pronunciare una parola; qualsiasi domanda la nostra mente ci supplicasse di fare poteva attendere. Del resto, le nostre labbra erano state decisamente troppo occupate.

«Sei sveglia?»

Lentamente, Julian si avvicinò al letto, un vassoio tra le mani, e si affacciò per controllare se fossi ancora addormentata. Scossi appena la testa per indicargli che ero sveglia, e lui avanzò con delicatezza, prendendo posto sul bordo del materasso con movimenti misurati, facendo attenzione a non far cadere nulla dal vassoio.

«Colazione a letto?» chiesi con voce bassa, avevo la gola tappo secca.

«Non mi andava di svegliarti» alzò le spalle. «Dormivi beatamente».

Julian sistemò il vassoio sul letto dopo che mi ero seduta correttamente: c'erano due brioche, un vasetto di marmellata alle ciliegie e due bicchieri, uno di cappuccino per lui e uno di spremuta per me. Il mio sorriso, già accennato prima che entrasse, si allargò ulteriormente di fronte a quel gesto premuroso.

«Grazie» mormorai appena.

In risposta, mi lasciò un bacio tra i capelli arruffati e fece un cenno col capo verso il vassoio, invitandomi a mangiare. Spalmai all'interno della brioche della marmellata sotto gli occhi curiosi di Julian; sicuramente quella alle ciliegie non era la sua preferita, e lo capii da come si allontanava ogni volta che avvicinavo il cucchiaio alle sue labbra.

«Non hai gusto» borbottai a bocca piena. «Se non ti piace perché la tieni in frigo?»

«La comprai per sbaglio».

«Bugiardo, questo non è lo stesso barattolo di quella volta» lo presi tra le mani e indicai l'etichetta viola, decisamente diversa da quella rosa di quella mattina. «E poi, la volta scorsa l'avevo praticamente finita; l'hai ricomprata anche se ti fa schifo».

«A te piace» rispose semplicemente, cercando di trattenere un sorriso soddisfatto.

«Stai dicendo che l'hai comprata nel caso fossi rimasta a fare colazione con te?»

«Può darsi» alzò le spalle con fare innocente e stese le gambe di fronte a sé.

Scossi la testa divertita e lasciai stare, godendomi ogni boccone di quella colazione. Era una fortuna che Vera fosse andata dai nonni e che potessi godere di quella tranquillità, ignorando momentaneamente tutti gli interrogativi che occupavano la mia mente. Le stesse domande e i stessi dubbi che, quasi sicuramente, navigavano anche nella testa di Julian.

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