24- Catharsis.

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Catharsis: (n.) the purging of release of emotional tensions, especially through arts or music.

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Julian.

Il tenue sole filtrava attraverso le sottili tende, irritando i miei occhi ancora chiusi. Dopo settimane di pioggia e nevicate, una giornata soleggiata era un'improvvisa sorpresa. Con un sforzo estenuante, aprii le palpebre. Le mie braccia erano più indolenzite del solito, e sapevo bene perché. Lilith dormiva ancora accanto a me, la testa poggiata sul mio avambraccio, il suo braccio avvinghiato intorno alla mia vita.

Le sfiorai la guancia delicatamente per spostare una ciocca che le copriva gli occhi, e solo in quel momento mi resi conto che non stavo sognando. Era lì, accanto a me, il suo respiro caldo sfiorava il mio braccio. Con attenzione e cautela, mi muovevo lentamente per non disturbarla, cercando di sistemarmi senza svegliarla. Ogni movimento era silenzioso, come se anche il più piccolo rumore potesse interrompere quel momento di quiete.

Il suo volto rilassato, con le labbra appena socchiuse e il respiro regolare, trasmetteva una calma che mi sorprese. Guardai il suo viso come se lo vedessi per la prima volta: i suoi lineamenti delicati sembravano illuminati da una pace interiore che raramente le attribuivo. Era una pena non poterla vedere così serena ogni giorno, in ogni istante.

Con delicatezza, seguii con il polpastrello il contorno delle sue sopracciglia, poi scivolai verso il naso e le guance morbide. Non avevo mai conosciuto la donna che l'aveva data alla luce e, sebbene ricordassi abbastanza bene suo padre, era evidente che non aveva ereditato i suoi tratti. Chiunque fosse stato responsabile dei suoi lineamenti, doveva essere un vero artista. Lilith, soprattutto da bambina, era stata descritta come graziosa, un'eleganza che emergeva più dai fiocchi tra i capelli che dalla sua fisionomia o dai suoi modi.

Eppure, da bambino, mi ero preso una cotta per lei proprio per quei dettagli che gli altri chiamavano difetti: l'apparecchio ai denti quando i suoi incisivi erano storti, gli occhiali per la stanchezza, le guance troppo paffute, le gambe lunghe che, al tempo, la rendevano più alta di me e della maggior parte dei suoi compagni di classe. Ogni piccolo particolare, ogni tratto distintivo che altri avrebbero potuto vedere come imperfezione, era per me un motivo in più per ammirarla. Era come se quei dettagli la rendessero più autentica, più vera, e mi facevano sentire più vicino a lei.

Nella lista infinita dei difetti che bambini e adulti tiravano fuori dalla persona di Lilith, il Julian bambino leggeva solo ciò che gli piaceva di più di lei.

Mi ritirai appena sentii il suo braccio avvolgermi il busto, o almeno tentarlo. Contenni a fatica una risata mentre la vedevo litigare con i suoi stessi capelli, cercando di metterli da un lato con gli occhi ancora chiusi; poi, infastidita dalla luce del sole, si costrinse a svegliarsi.

«Cazzo...» borbottò con la voce impastata dal sonno. «Cha male» si premette una mano sulla fronte, allontanandosi appena dal mio corpo per stiracchiarsi.

«Buongiorno anche a te» sussurrai divertito. «Male alla testa?»

La vidi annuire debolmente, mantenendo lo sguardo fisso sul soffitto per qualche istante. Si stava chiaramente sforzando di tenere gli occhi aperti, e mi costò non sorridere di fronte a quella scena. Poi, si girò tra le coperte per raggiungermi di nuovo, appoggiando la fronte sul mio petto e avvolgendomi con le sue braccia. Lasciai che lo facesse, stringendola a mia volta. Sembrava ancora in parte nel mondo dei sogni, perché una Lilith completamente sveglia non si sarebbe mai comportata così.

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