Capitolo Quattordici

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«Non fare domande, oggi andiamo alla falegnameria!» mi annuncia Murphy con quel suo solito tono bisbetico.

«Sei di buon umore, vedo!» lo prendo in giro sottovoce.

Dopo il pianto di ieri, ho rilasciato una buona parte dello stress che avevo accumulato e ho deciso che non è il momento di darsi per vinti. Se mollo adesso tutti i miei sforzi saranno stati vani. Devo solo stare più attenta e cercare di comportarmi come ho sempre fatto prima di cacciarmi in questa situazione. Dissimulare il mio coinvolgimento e apparire ingenua ed innocua, almeno all'apparenza.

«Come, prego?» si gira immediatamente come un avvoltoio pronto ad attaccare briga.

«Oh niente, dicevo che non vedo l'ora!» rispondo velocemente per non farlo irritare ulteriormente. E sono sinceramente contenta di fare qualcosa di diverso dalla solita routine.

«Bene, andiamo!» si limita a dire.

Ci vuole una buona mezz'ora per arrivare alla falegnameria e questa volta Murphy mi ha concesso l'immenso onore della sua presenza nella passeggiata,  ovviamente in religioso silenzio. È una persona piacevole con la quale passare il tempo, quando non si comporta come un vero scorbutico. Apprezzo questi momenti di tranquillità.

Quando arriviamo, l'edificio davanti ai miei occhi è imponente, un enorme capannone di legno scuro che si erge nel bosco, come una minaccia agli alberi circostanti. Gli operai si muovono svelti e concentrati, avanti e indietro, come tante piccole formiche instancabilmente dedite al lavoro.

«Buongiorno signori!» un uomo sulla sessantina si avvicina a noi allegramente.

«Salve signor Wimmer! Sono Nolan Murphy, vengo per conto del Consiglio per discutere di alcune faccende...» il tono usato dal mio collega è l'opposto di quello che usa con me. Sembra quasi, gentile?

«E questa ragazza?» mi rivolge la sua attenzione.

Faccio per rispondere ma la voce stentorea di Murphy mi sovrasta. «Lei è Daphne Scott, si trova al Palazzo del Consiglio per un apprendistato. Mi aspetterà qui tutto il tempo necessario...»

Stringo la mano di Wimmer, che si presenta come il proprietario della falegnameria, e guardo di sottecchi il mio collega, che però non ricambia. 

Un apprendistato? Perché mentire? Perché non confessare della mia punizione?

 Continuo a farmi domande mentre i due uomini si allontanano per parlare indisturbati fra loro. Una volta rimasta sola non ho idea di cosa fare. Sicuramente non me ne starò qui impalata.

Inizio a passeggiare mentre mi guardo intorno. Ognuno dei dipendenti che vedo sembra totalmente assorto nel proprio lavoro, come se fosse una questione di vita o di morte. So che gli orari e i turni qui sono davvero sfiancanti ma non credevo che fossero così diligenti.

«Le serve qualcosa, signorina?» domanda qualcuno alle  mie spalle.

Mi volto ad osservare il mio interlocutore e mi ritrovo di fronte un ragazzo che avrà all'incirca la mia età. Gentili occhi marroni del colore delle ghiande autunnali e un sorriso confortante, uno di quelli che si rivolgono a chi ha bisogno di sentirsi al sicuro. 

«In realtà no, sto aspettando una persona...» cerco di essere il più cordiale possibile.

«Capisco. Beh se devi attendere allora ti consiglio di spostarti dove facciamo le nostre pause... non è niente di che, ma abbiamo dei tavoli e delle bevande, se vuoi posso accompagnarti, stavo andando proprio lì!»

Decido di seguirlo perché sembra davvero affidabile ed io non ho nulla da fare.

«L'acqua del distributore è sia calda che fredda. Qui invece ci sono le bustine di tè, camomilla, tisana al finocchio o alla malva...»

«Ti ringrazio, un tè andrà benissimo...» 

«Perfetto. Io sono Curtis comunque!» si presenta porgendomi la mano mentre con l'altra si sposta un ciuffo color caramello dal volto. 

«Io sono Daphne, è un piacere...»

«Il piacere è tutto mio! Cosa ti porta alla falegnameria, Daphne?» domanda sinceramente incuriosito. 

«Ho accompagnato un mio collega per un incontro con il signor Wimmer» continuo la farsa iniziata da Murphy.

«Lavori al Consiglio, dunque?» sembra ancora più interessato.

«Oh no! Cioè... il mio è una specie di apprendistato, diciamo...» 

«Forte, deve essere bello poter scegliere il lavoro dei propri sogni...» risponde con una nota di malinconia. Non sembra entusiasta della sua carriera qui alla falegnameria e provo tenerezza nei suoi confronti.

«Non è esattamente il lavoro dei miei sogni...» non riesco a trattenermi «Ma non mi lamento!»

«Capisco... ora ti devo lasciare, Daphne. Le mie pause non durano più di dieci minuti!» mi guarda con quella sua aria ridente «Ma spero di rivederti presto!»

«A presto, Curtis!» sorrido di rimando salutandolo.

Sembra una persona simpatica e buona, mi farebbe piacere approfondire la sua conoscenza, credo che potremmo diventare amici.

Murphy mi raggiunge trascorso qualche minuto, dopo aver salutato il signor Wimmer, che sorride cordialmente anche a me, scuotendo la sua grossa mano nella mia direzione.

«Davvero, Murphy? Un apprendistato?» gli chiedo sarcastica quando siamo fuori dalla falegnameria. Ho davvero bisogno di capire se sia l'ennesima bugia che mi viene rifilata senza motivo.

«Stai calma, Scott. Non dobbiamo per forza raccontare la tua vita a chiunque incontriamo!» esclama seccato aumentando il passo per superarmi.

«Ma perché mentire?» continuo imperterrita prima che sia troppo lontano.

«Perché non è saggio andare in giro a raccontare che tu e i tuoi amichetti avete l' inspiegabile abitudine di passeggiare nel bosco a Nord!» sta perdendo le staffe.

«Avete paura che qualcun altro possa prendere esempio?» chiedo curiosa «E per la cronaca non erano miei amici, conoscevo solo mia sorella!» aggiungo piccata.

«Ti ho portata qui a patto che non facessi domande, e tu non hai fatto altro che quello! Ma puoi credermi, mi servirà da lezione... non mi farò più convincere da quelle tue odiose lamentele!» parla più a sé stesso che a me.

«Odiose lamentele?» chiedo sconcertata «È più di una settimana che non faccio altro che sistemare centinaia di fascicoli al giorno! È più che lecito lamentarsi!»

«No, non lo è! Ti ripeto che dovresti ritenerti fortunata!»

«Come posso sentirmi fortunata se sono stata l'unica ad essere punita!» alzo la voce. L'idea di mantenere un profilo basso è andata a quel paese. Sono stanca di tenermi dentro questi pensieri ed è giusto che qualcuno mi dia delle risposte.

Murphy mi fissa furente, sta cercando di contenersi ma non credo che lo farà ancora per molto. E a me va bene così,  sono aperta allo scontro purché mi porti a qualche tipo di risultato, purché mi faccia uscire da questa situazione di staticità.

«Non una parola in più. O giuro che ti mando a pulire i bagni.» mi minaccia. A me però non importa, sono troppo agitata per potermi fermare.

«Come puoi continuare ad evitare il discorso, Murphy? Come puoi continuare a far finta che non sia stata io l'unica ad essere punita, quando ero lì solamente per recuperare mia sorella? Eh?» il mio corpo è in escandescenza e ho paura che da un momento all'altro le scintille fra le mie mani inizino a scoppiettare furiosamente.

«Non appena torneremo, la signorina Locke ti accompagnerà nel tuo nuovo ufficio, la toilette del Palazzo del Consiglio. Spero che tu sia soddisfatta ora!» ma non mi lascia ribattere perché si volta e aumenta il passo iniziando quasi a correre. 

Non ho alcuna voglia di rincorrerlo. Ma soprattutto ho bisogno di calmarmi prima di combinare qualche danno con le mie bizzarre scintille. Perciò mi fermo e inizio a fare profondi respiri cercando di connettermi con la calma della natura che mi circonda. Devo ritrovare l'equilibrio dentro di me.

Da sola.

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