Capitolo Ventisei

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Lunedì arriva in un batter d'occhio e, se fosse per me, rimanderei la mia andata al Palazzo. Mi sto nascondendo sotto le calde coperte da un tempo indefinito mentre la sveglia continua a suonare.

Voglio affondare in questo tessuto senza risalire più. Voglio annegare nella comodità del mio letto e lasciare che tutti i problemi e le situazioni in sospeso scompaiano.

Edra entra all'improvviso nella mia stanza come una furia spegnendo la sveglia e levandomi le coperte di dosso.

«Alzati! Sei forse diventata sorda?» 

Mi copro la faccia col cuscino e mi giro a pancia in giù lamentandomi. Non ho voglia di affrontare nemmeno lei, voglio isolarmi dal mondo per un altro po' di tempo. «Non mi sento bene... sono molto stanca» borbotto con voce ovattata sperando che mi lasci in pace.

«Non mi interessa, non puoi saltare un altro giorno! Ora ti alzi e vai al Palazzo, altrimenti sarò costretta a ricorrere alle maniere forti...» mi minaccia prendendo le sembianze di mia madre facendomi rabbrividire.

Una basta e avanza.

«Non hai qualche valigia o borsone da preparare tu? Devi stare qui a disturbare il mio sonno meraviglioso...» 

«Ti do cinque minuti, poi saranno affari tuoi!» e se ne va sbattendo la porta lasciandomi in un piacevole silenzio che potrebbe farmi riaddormentare in qualche secondo. Ma prendo un lungo respiro cercando di darmi forza e mi alzo, fermamente convinta che Edra potrebbe tornare con un secchio d'acqua gelata o addirittura peggio. Apro la grande finestra e mi guardo allo specchio... 

Sussulto dallo spavento.

I miei capelli sono tutti arruffati, una massa informe che mi ricorda un nido di rondini e gli occhi sono talmente gonfi che fanno spiccare le due occhiaie violacee sotto ad essi. Un mostro.

Vado in bagno per rimediare a questo disastro e ne esco esattamente mezz'ora dopo quasi come nuova. I capelli tirati all'indietro in una coda alta e le chiazze sotto agli occhi coperte con un po' di trucco.

Scendo al piano di sotto e trovo Edra intenta a preparare la colazione: spadella e si muove da una parte all'altra della cucina concentrata come non mai. Ci sono ciotole e pentolini sparsi su tutto il piano cottura, per non parlare degli schizzi sul muro di qualsiasi cosa abbia preparato.

«Come mai tutta questa energia?» le domando un po' perplessa.

Lei mi rivolge un'occhiata eloquente e torna a versare qualcosa. «Voglio godermi il mio ultimo mese qui a casa prima di partire per Ars, fino all'ultimo momento!» 

«Capisco...» borbotto prendendo una tazza di caffè dalle sue mani.

«E tu invece? Come mai così sottotono?»

Mi massaggio le tempie cercando di alleviare il martellare nella mia testa «Sono sfinita, avrei davvero bisogno di una settimana di ferie dal mio non-lavoro!» Edra sorride e mi incita a sbrigarmi. Rabbrividisco, assomiglia davvero troppo alla mamma.



Una volta arrivata al Palazzo, raggiungo l'ufficio di Murphy senza sapere cosa aspettarmi... il cuore palpita più forte del solito e le mani mi stanno sudando. Mi sento nervosa come il mio primo giorno.

Rimedierò una sfuriata? Una denuncia al Consiglio?

Mi sarei aspettata di tutto, davvero di tutto, tranne che lui si presentasse nella stanza, mi lasciasse una pila di fascicoli e se ne andasse via, senza guardami né parlarmi.

Rimango immobile a fissare la porta che sbatte dietro di lui, scioccata dalla situazione. Non ho la più pallida idea di come comportarmi e così, onde evitare di essere sgridata per essere rimasta qui imbambolata, prendo i documenti e mi metto immediatamente a riordinarli.

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