Capitolo Ventisette

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Il sole è ancora alto mentre ritorno a casa dopo l'incontro con Winnie e mi godo il morbido tepore con estrema gioia. Sono tentata di trovare un prato e poltrire per il resto del pomeriggio scomparendo dalla circolazione, ma una figura alla mia destra, proprio fra gli alberi, cattura la mia attenzione facendomi desistere. Si tratta di qualcuno che in realtà non sta cercando di nascondersi, bensì di farsi notare da me. Mi guardo intorno e mi precipito tra i folti abeti.

Non sono ancora convinta dell'identità della sagoma quindi sussurro cautamente «Blake?»

«Sei sempre a passeggio?» esce dall'ombra con un ghigno beffardo, compiaciuto di essersi fatto notare senza sforzi.

È incredibile quanto riesca ad essere arrogante, non ricordo di averlo mai visto perdere quest'aria saccente che mi fa innervosire come poche cose al mondo «Ho molto da fare, sto solo tornando a casa.»

«So che sei stata a Lux...»

Non perdo nemmeno tempo a chiedergli come ne sia venuto a conoscenza e rispondo tranquillamente, non trovando nulla di compromettente nelle mie parole. «Sì, per il giorno della fabulazione di mia sorella» ma non appena scorgo un bagliore nei suoi occhi castani, capisco. Vuole delle informazioni da me, è interessato a qualcosa che riguarda quella giornata, o quel luogo.

«Com'è la capitale?»

«Cosa vuoi sapere di preciso?»

«Nulla in particolare, mi chiedevo come fosse diventata...»

«So che vuoi ottenere notizie» continuo non badando alle sue menzogne «E va bene così, capisco la tua curiosità...» mi avvicino cercando di sembrare sicura di me, in questi casi sempre meglio esibire la propria risolutezza, anche se apparente. «Potremmo servirci a vicenda, io do un'informazione a te, e tu ne dai una a me...»

Aggrotta la fronte e scuote energeticamente la testa «È una follia, assolutamente no.»

Probabilmente non sono affatto capace ad interpretare la figura della donna che sa cosa vuole, sarò sembrata goffa ed imbranata, come mio solito. Questa situazione mi sta dando alla testa rendendomi ridicola... non so cosa rispondere, non so fingere fermezza e determinazione, non adesso che la parte giudicante nella mia testa mi sta facendo sentire totalmente inadeguata. Rimaniamo in silenzio per un po', io non ho il coraggio di rivolgere il mio sguardo verso di lui.

«Cosa vorresti sapere?» rimango sbigottita dalle sue parole credendo che mi avrebbe derisa non appena avessi riportato la mia attenzioni fra noi, che mi avrebbe ricordato quanto questo gioco sia pericoloso e non adatto per una ragazzina come me. E invece no.

Forse ha bisogno di quelle informazioni più di quanto ne abbia io. Forse ho ancora qualche possibilità di utilizzare le mie carte. «Una fra tante, chi è Melvin?»

Lui mi fissa per qualche secondo, probabilmente scegliendo con cura le parole da utilizzare. Sa che mi ricordo di lui, che l'ho visto infilare qualcosa nello zaino mentre io e lui discutevamo, quando avevo esagerato col sidro di mele dopo l'incontro con Agatha. «Non sono cose che ti riguardano...»

Ovviamente. Non mi rivelerà nulla, sono stata un'ingenua a pensare di poter gestire la situazione a mio favore, non so nulla di questo mondo, sulle strategie o sulle tecniche di scambio.

Non ho voglia di rispondere, non voglio rendermi ancor più ridicola di quanto ho appena fatto, quindi decido di dargli le spalle e andarmene. Mantengo lo sguardo basso sui miei piedi, ma non faccio in tempo a fare più di qualche passo che sento delle voci a me sconosciute che discutono fra loro. E provengono proprio dalla strada da cui sono arrivata.

«Quei bastardi sono bravi a nascondersi» esclama un uomo dalla voce nasale.

«Gli conviene, se li becchiamo saranno affari loro!» ride l'altro.

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