4 - Nova

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IrisGoo Goo Dolls

Se c'è una costante nella mia vita quella è racchiusa nei libri e nella musica. Due sfere così distanti eppure simili, due mondi in grando di risucchiarti e donarti così tanto da lasciarti prosciugato o colmo di emozioni. È così che mi sento quando ho bisogno di rifugiarmi. Leggo con la consapevolezza che si tratta di un mondo lontano dal mio, artefatto e nonostante ciò, nel profondo, è quello che anelo. Non sono più la ragazzina di una volta, adesso fatico a credere al "per sempre" ma c'è una piccola parte di me dormiente, la sognatrice, che un po' ci spera ancora.

Sotterrare tanti tratti del mio carattere è stato un processo naturale, sentivo di andare alla deriva e che non c'era nessuno a cui appigliarmi, l'unica soluzione era lasciarmi andare, farmi trascinare dalla corrente verso l'ignoto.

Sebbene questo pessimismo mi abbia forgiata per anni, quando ho ricevuto l'email della Princeton qualcosa in me è mutato. La sognatrice, assopita, si è risvegliata all'improvviso, travolgendomi come un piccolo uragano pronto a scatenarsi. Sentivo la fiammella di speranza, di una vita migliore e sapevo che se non avessi varcato la soglia di quell'università la mia chance sarebbe svanita per sempre, io con essa.

Messo piede a Princeton sapevo che la mia vita sarebbe cambiata. Che in meglio o in peggio si vedrà, ma sentivo un'energia spingermi oltre le sue porte. Una settimana dopo ho trovato un'amica. Una che non si è permessa di fiatare quando, per sbaglio, ho lasciato scoperti i polsi e ha notato delle chiazze violacee. Una che si è limitata a stringermi la mano e concedermi un piccolo sorriso di incoraggiamento. Non di pietà. Mai di pietà.

Aura è consapevole che qualcosa non vada nella mia vita, eppure non si permette di opprimermi con le parole che di solito fuoriescono dalle sue labbra come fossero un mare in piena. Si limita a starmi accanto, a farmi sorridere. Sono trascorsi solo tre mesi, è vero, e forse mi sto ancorando a lei perché non so nemmeno più cosa si provi ad avere qualcuno accanto, ma sento che lei è una di quelle persone che entrano nelle vite altrui e lasciano il segno.

Sento che Aura è il via a qualcosa di molto più grande per la sottoscritta e non voglio precludermi nulla.

Al di fuori delle mura universitarie torno a essere la ragazza che ero tre mesi fa, torno a essere il guscio di una realtà dolorosa, misera. Per questo ho bisogno di sperimentare, di respirare a pieni polmoni e godermi le esperienze che Princeton mi donerà.

Immersa in Iris dei Goo Goo Dolls raggiungo la biblioteca e tolgo una cuffietta dall'orecchio, poi l'altra. Il bancone è vuoto, perciò mi affretto a timbrare il cartellino e mollare lo zaino in uno dei cassetti. Vorrei tanto restare ancorata alla musica ma non darei un buon esempio. Lavoro in biblioteca da due mesi ormai, tre ore al giorno, e sfrutto il tempo per studiare o recuperare qualche lezione. Non è molto, però mi permette di sopravvivere a piccole spese come la mensa.

Questo mese è stato più duro del solito; ho esaurito diverse scorte e ho dovuto necessariamente fare rifornimento. Inoltre, non posso permettermi di pagare l'abbonamento annuale quindi sono costretta a sganciare 125$ al mese. Un furto, ma meglio che sborsarne 1.500 in un colpo solo. Drake continua a donarmi per gentil cortesia dieci dollari a settimana e ciò non mi permetterebbe di vivere, pertanto un lavoro, anche se part-time, era necessario.

Accendo il laptop e annoto tutti i libri da riordinare. Sistemo lo schedario su cui gli studenti firmano, poi passo a trascrivere le informazioni su quello digitale. Una volta concluso, aggiro il bancone e mi avvicino al carrellino. Con tranquillità, comincio il giro. Adoro la biblioteca dell'ateneo principale, è suggestiva. Così come la mensa, l'elemento principale è il legno pregiato e intagliato. Ampie finestre medievali dallo stile gotico che proiettano luce all'interno dell'enorme sala. File di libri che riempiono rigogliosi scaffali su scaffali e tavoli e poltrone su cui potersi fermare a studiare o leggere.

La biblioteca si suddivide in due piani più o meno identici tra di loro, l'unica differenza consiste nella presenza di più volumi al piano superiore. C'è persino un'intera sezione di testi antichi a cui è possibile accedere una volta all'anno con il permesso firmato da un professore, solo per un'ora e sotto supervisione. A volte mi ricorda il Reparto Proibito di Harry Potter.

Lascio il carrellino a inizio sezione e recupero i quattro libri da riordinare. Storia medievale. Fondamenti del Medioevo. Arriccio il naso e osservo le spine. Proprio non mi entusiasma questa materia.

Canticchio sottovoce il ritornello di Iris e ripongo il primo volume al suo posto, poi proseguo con gli altri. Presa dalla musica, però, non mi accorgo dello zaino posto a pochi passi dai miei piedi e inciampo, finendo irreparabilmente a terra. I palmi bollenti a causa della botta, così come le ginocchia. L'ultimo libro giace vicino a un paio di scarpe.

Scosto una ciocca di capelli dal viso e sollevo piano il capo. Risalgo le gambe snelle, avvolte in un paio di jeans neri, e continuo lungo la felpa dello stesso colore, fino a un viso spigoloso. La mascella è lievemente contratta, priva di peluria, una leggera barbetta gli abbellisce il mento e l'arco di cupido, incorniciando due labbra piene e rosate. Gli occhi privi di espressione sono di un verde quasi trasparente che ti risucchia, le ciglia lunghe quasi sfiorano la pelle quando batte le palpebre con eccessiva lentezza, come se stesse valutando con precisione ciò che gli si para davanti, come fossi un fastidio.

Il ragazzo si china sulle ginocchia, arrivandomi a un palmo di naso. Scatto all'indietro, mettendo distanza tra i nostri visi. Che diamine crede di fare? Mi sollevo sulle ginocchia doloranti e lo vedo inclinare il capo verso sinistra. Continua a studiarmi senza fiatare e la cosa inizia a farsi inquietante. È quando assottiglia gli occhi che lo riconosco. Il tipo bizzarro di stamattina, in aula. L'ho beccato a fissarmi e mi sono girata all'istante.

Adesso siamo in due a partecipare a questa gara di sguardi. Lui sembra annoiato, io desidero solo farla finita. Mi sta mettendo in imbarazzo e non ne comprendo il motivo, nemmeno mi conosce.

«Sai, è vietato lasciare incustoditi i propri oggetti personali» butto fuori, dopo qualche secondo.

«Ma non mi dire» commenta.

La sua voce profonda mi arriva alle orecchie, causando una scia di brividi e una strana sensazione, come se me la sentissi addosso.

Mi rimetto in piedi con l'aiuto delle mani, lui si solleva con un movimento agile e leggero. Recupero il libro dal pavimento, ignorando il fastidio alle ginocchia, e lo rimetto a posto. «E comunque, avresti anche potuto raccoglierlo visto che è caduto a causa tua.»

«O forse sei tu a essere maldestra.»

Aggrotto la fronte, impettita. «Non sono maldestra. Sei tu a essere poco educato, è diverso.»

Lui non ribatte e io non ho alcuna intenzione di continuare una conversazione che non andrà da nessuna parte.

Mi volto di scatto, la treccia che ondeggia e si adagia sulla schiena. Di spalle, non lo vedo ma spero un minimo che la treccia lo abbia colpito in faccia. «La prossima volta che trovo uno zaino incustodito sarà mia premura portarlo agli oggetti smarriti» lo avverto.

Ottengo il silenzio, così mi avvio verso il carrellino. Poggio le mani sul manico ma rimango gelata sul posto quando sento nuovamente la sua voce. «Non era incustodito.»

«Lo era per me e visto che ci lavoro qui, agirò come meglio credo.» Fisso di fronte a me.

«Si chiama abuso di potere» replica più in fretta stavolta.

Un sorriso mi curva le labbra. «Bene.» Almeno su un campo della mia vita posso affermare di averlo.

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