8 - Nemesi & Nova

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Purple Lamborghini – Skrillex, Rick Ross

L'Ade è gremito di gente, riesco a sentire le loro acclamazioni persino dagli spogliatoi più lontani dal ring. C'è sempre tensione nell'aria. Nonostante siano tutti elettrizzati, la paura è palpabile. Non sanno cosa potrebbe succedere, come potrebbero cambiare le cose.

La prima volta che ho messo piede qui dentro, all'incirca tre anni fa, ricordo di essere rimasto stupefatto. Non mi aspettavo nulla del genere. Appena salito sul ring avevo sentito l'adrenalina riversarsi in ogni parte del corpo e, messo al tappeto il primo avversario, ero esploso. Per quanto niente di tutto questo sia legale, combattere mi rilassa. Perciò ho unito l'utile al dilettevole.

Quando ho cominciato a praticare boxe avevo sedici anni, mi piaceva la sensazione di pace che provavo dopo ogni allenamento, era come se avessi la mente vuota, una tela bianca. Poi, dopo l'incidente, ho capito che le cose dovevano cambiare e così ho accettato la proposta di Cassio.

Passo una mano tra i capelli mentre con l'altra apro l'armadietto mezzo sgangherato. Recupero i guantoni rossi dallo stretto ripiano e li getto sulla panchina su cui ero seduto. Lo spogliatoio è deserto, sanno tutti che non voglio essere disturbato prima di un incontro. Bevo un po' d'acqua mentre lancio uno sguardo al cellulare che segna un messaggio non letto da parte di Levi. Lo ignoro, non ho alcuna intenzione di star a sentire le sue stronzate e spero per lui che non si sia presentato. Detesto quando scommette su di me; inizia a vantarsi, mi ringrazia perché potrà acquistare ulteriore materiale per i suoi esperimenti e fa di tutto pur di offrirmi un pasto, che sia il pranzo o la cena. La vicenda si conclude con uno scappellotto da parte mia e un lamento da parte sua, poi torniamo a ignorarci.

Scuoto il capo e mi affretto a indossare i guantoni. Poco dopo qualcuno bussa due volte alla porta, segnando che è quasi giunto il momento di andare. Roteo piano le spalle, poi il collo e saltello sul posto, rilasciando un po' di tensione. A dirla tutta, non sono chissà quanto preoccupato; il mio sfidante si chiama Gregory Butcher detto – molto originalmente – Il Macellaio. Per quanto dovrebbe incutere timore il suo "fare a pezzi" l'avversario, con me la farsa non regge. È solo un idiota che gioca sporco e crede di farla franca solo perché si scontra con sfidanti meno in gamba di lui. So già cosa penserà quando mi vedrà: «Questo qui è un ramoscello, lo spazzo via al primo round» ed è un bene.

Nonostante sia allenato, ho un fisico longilineo che mi permette di confondere chi mi sta davanti. Alto uno e novantadue, ventre piatto e braccia poco pompate, vengo scambiato per un idiota che si crede chissà chi. Il punto focale di un combattimento, però, non è la forza bensì la strategia. Bisogna essere veloci, scattanti e se si colpisce il punto giusto, bastano poche mosse per atterrare l'avversario.

«White, è ora!» esclama Rusty.

Non ribatto, mi limito ad aprire la porta socchiusa con un piede e percorro il corridoio che mi porta proprio davanti al ring. Le urla si fanno più feroci, io resto impassibile. Ho bisogno della massima concentrazione, non posso lasciare che niente mi distragga, altrimenti è la fine.

Quando con un saltello salgo sul ring la folla va in delirio. Gregory Butcher è già appostato sull'angolo opposto al mio e mi osserva come se fossi il suo spuntino di mezzanotte. Ha un sorriso arrogante sul volto, segno che mi sta sottovalutando. Non importa quanti video vedano sul sottoscritto, qualsiasi persona mi sfidi penserà sempre che sono sopravvalutato e, puntualmente, lo farò ricredere.

Poso lo sguardo sulla folla per un breve istante ed è tutto ciò che serve per farmi aggrottare la fronte. Cosa cazzo ci fa lei qui?

Compio un passo in avanti; il gancio destro del Macellaio sta per schiantarsi sul lato sinistro del viso, riesco a intercettarlo con la coda dell'occhio, così sollevo il braccio alla svelta parando il suo colpo. La folla, ancora una volta, va in visibilio mentre Gregory Butcher mi fissa perplesso.

NOVA

Il magazzino dentro cui metto piede è... vuoto. E non intendo metaforicamente. È davvero vuoto, privo di carcasse o sporcizia. Il che mi porta a una serie di domande: dove diavolo sono finita? E dove sono i ragazzi di prima? Possibile che mi sia immaginata tutto?

Mi volto, poi ancora una volta. Niente. Poi un rumore di passi.

Scatto verso sinistra dove noto la chioma bionda di qualcuno svanire oltre il pavimento. Che diamine?

Mi affretto in quella direzione e scovo una specie di botola, accanto a essa un vecchio pezzo di metallo arrugginito, suppongo la copertura. Rilascio un sospiro ansioso e poggio le mani sul corrimano mentre comincio a scendere le scale. Arrivata a terra, mi guardo intorno, notando diverse tubature alle pareti, quasi come si trovassi nelle fognature del magazzino. Avanzo con cautela fin quando non sento delle risate in lontananza. Accelero il passo, ma mi arresto di colpo quando noto un'ampia porta, anch'essa in metallo. Tiro la maniglia, la porta cigola mentre si scosta dalla parete e... dannazione.

Il vociare della gente mi arriva alle orecchie, la luce, seppur soffusa, mi acceca. Mi sento confusa. Ci sono persone ovunque. Ad attirare la mia attenzione, però, è il grande ring posto al centro della stanza. Ci girano tutti attorno mentre alcuni si servono da bere o si appostano sulle pedane. Ci sono persino tizi provvisti di cibo e bevande che passano tra gli spalti. È organizzato tutto alla perfezione.

«Benvenuti, benvenuti!» L'improvvisa voce proveniente dagli altoparlanti mi fa sobbalzare. «L'incontro di stasera si prospetta più che interessante! Sulla destra, due metri per centodieci chili, lo spezza-ossa, il grande e forte... Macellaio!» strilla l'uomo.

La folla urla, però è come se si stesse contenendo.

«Sulla sinistra l'attuale campione in carica! Uno e novantadue per novanta chili... fatevi... sentire...» scandisce ogni parola, «per... L'Ombra!» Se prima la folla era alle stelle, adesso va in visibilio.

Nemesi White sale sul ring come se non esistesse nessun'altro che lui, il volto impassibile. Non guarda nemmeno il suo sfidante.

Lascio che l'occhio cada sul fisico tonico e magro. Gambe toniche e torace cesellato. Sta bene, tuttavia non posso far a meno di temere per la sua incolumità. Il tipo, il Macellaio, è grosso quasi il doppio e non mi sembra affatto spaventato da Nemesi.

«Ciao, scusa, per caso questo posto è libero?»

Sbatto le palpebre e mi volto in direzione di un ragazzino. Sta indicando un posto poco distante da me, in tribuna. «No, no, prego.» Mi scosto. Quando riporto l'attenzione sul ring, lo faccio giusto in tempo per notare lo sguardo di Nemesi puntato sulla sottoscritta. Spalanco gli occhi, scioccata, nell'istante in cui, continuando a fulminarmi, para un colpo dell'avversario.

Merda. Credevo che cose del genere accadessero solo nei film.

Nemesi sposta l'attenzione sullo sfidante, sferrando il primo colpo senza troppe cerimonie. Il Macellaio barcolla all'indietro, colto alla sprovvista, tuttavia è svelto a riprendersi. I due si girano intorno, studiandosi.

Muovo un passo in avanti, avvicinandomi per vedere meglio. La calca mi inghiotte all'istante, minuta come sono. Sguscio tra la gente che urla e sventola banconote, l'attenzione sempre sul ring di fronte a me. Nemesi White e l'avversario continuando a prendersi a pugni, ma il ragazzo non sembra nemmeno un po' stanco, a differenza del Macellaio, che inizia a perdere il focus. Credo che sia proprio lo scopo di Nemesi: farlo stancare fino a sferrare l'ultimo colpo decisivo. Essendo più grosso, il Macellaio si muove più lentamente e ciò permette all'Ombra di studiarlo con maggiore attenzione.

Schivo il braccio volante di un tizio e ritorno sul ring. Sono in terza fila, dove sembra tutto ancora più mastodontico. Costretta ad alzare il capo per vedere meglio, realizzo ciò che sta succedendo.

Nemesi White, detto L'Ombra, ha appena atterrato il suo avversario. Gli si siede addosso e comincia a sferrare pugni con talmente tanta ferocia da far paura. Ed è in questo momento che comprendo perché abbiano tutti timore di lui a Princeton. È pericoloso, aggressivo, feroce.

Il suono ripetuto di una campanellina segna la fine dell'incontro. L'arbitro raggiunge Nemesi al centro del ring e gli solleva il braccio sudato, poi la voce del tizio di prima. «Ancora una volta, signori e signore, fatevi sentire per il campione!»

Sgrano gli occhi quando lo sguardo del vincitore si posa ancora una volta su di me, come se sapesse da sempre dove mi trovavo. Giro sui tacchi e, in preda all'ansia che possa succedere qualcosa, mi affretto a sparire in mezzo alla calca. Non ho idea di cosa possa fare se mi raggiungesse e non pianifico di scoprirlo.

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